La foto fatta circolare dall'agenzia di stampa «Press TV.ir» le ritrae disperate al centro del campo, mentre piangono inginocchiate su una bandiera iraniana stesa sul terreno del gioco. Ma non c'è stato niente da fare: il commissario di campo della Fifa, originario del Bahrein, ha imposto all'arbitro che la partita non venisse fatta cominciare, e così è stato: 3-0 a tavolino per la Giordania, e sogno olimpico (ovvero la partecipazione a Londra 2012) già tramontato per le ragazze iraniane, che all'invito dell'arbitro di cambiarsi e adottare una tenuta da gioco maggiormente conforme alle regole avevano dovuto rispondere di no.
L'ultimo episodio della disputa tra federazione calcistica internazionale e federcalcio iraniana relativa alla abbigliamento delle calciatrici della Repubblica Islamica si è verificato ieri ad Amman, dove le ragazze iraniane si sono presentate in campo con la tenuta dello sponsor tecnico italiano, la Legea, che le copriva dalla testa ai piedi. Il tutto per rispettare l'imposizione dello Hijab, l'abbigliamento previsto dai dettami islamici secondo cui in pubblico le donne devono nascondere tutto il corpo tranne il viso. Ciò va a cozzare contro i regolamenti della Fifa, che anche due mesi fa, ad aprile, aveva ribadito che nessun paese può far giocare le sue calciatrici «secondo l'abbigliamento islamico», precisando che «il collo e le orecchie delle giocatrici devono rimanere scoperte». Ma la federazione iraniana pensava di aver risolto il problema con un compromesso, frutto a suo dire d'incontri con i dirigenti del calcio mondiale, e l'adozione per le giocatrici di una cuffia che copre i capelli ed una tuta, al posto dei calzoncini, che nasconde la vista delle gambe. Le maniche della maglie da gioco devono ovviamente essere lunghe anche se in campo la temperatura sfiora i 40 gradi.
«Noi abbiamo avuto incontro con rappresentanti della Fifa - ha spiegato il presidente della federcalcio iraniana Ali Kafashian - e pensavamo di aver trovato un giusto compromesso. Ora presenteremo una formale protesta e chiederemo che la partita venga giocata. Non so spiegarmi perchè il commissario di campo, che è del Bahrein, non ha permesso alle nostre calciatrici di giocare».
La stampa di Teheran ipotizza che si tratti di una ritorsione visto che tra il regime iraniano e la Monarchia sunnita del Bahrein non corre buon sangue. Forse la federcalcio iraniana è stata tratta in inganno da quanto è successo in altri sport, come il rugby: l'anno scorso la nazionale femminile iraniana di Seven è potuta scendere in campo nel torneo di Cortina in tenuta completamente Hijab. Unica limitazione per le iraniane, niente alcolici nel tradizionale «terzo tempo».
Problemi c'erano invece stati, a fine 2009, per la karateka Helene Sephai, esclusa dai Mondiali perchè pretendeva di scendere sul tatami di Tokyo, e di battersi, con il velo islamico.
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