Gli ucraini usano aerei a elica per abbattere i droni russi. Ecco perché funziona

Gli ucraini stanno usando aerei a elica tipo Yak-52 per abbattere i droni russi, sulla falsa riga di come si faceva agli albori della caccia

Gli ucraini usano aerei a elica per abbattere i droni russi. Ecco perché funziona
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La guerra in Ucraina verrà ricordata come il primo conflitto in cui si è fatto un utilizzo esteso di Uav (Unamanned Air Vehicle) di ogni tipo: da quelli espressamente nati per utilizzo militare, come i Bayraktar TB2, sino ai piccoli quadricotteri che si trovano liberamente in commercio, che vengono usati per la ricognizione oppure, militarizzandoli artigianalmente, per sganciare granate o per colpire bersagli come droni kamikaze.

Il vantaggio dato da questi mezzi, soprattutto dai secondi, è evidente: un piccolo drone costa poco, e armato con una granata, con un Rpg (Rocket Propelled Grenade) o con una semplice carica esplosiva, diventa uno strumento altamente efficace per il contrasto all'avversario se utilizzato in numero consistente.

Questo nuovo modo di condurre una guerra è così rivoluzionario che da un lato ha imposto riflessioni nel mondo militare su come fare a proteggere assetti pregiati come i carri armati (o unità navali di superficie) e sulla necessità di rivederne le tattiche di impiego, dall'altro ha dato impulso alla politica, e quindi all'industria, per ottenere una filiera produttiva e addestrativa per i piccoli droni.

La difesa da questi Uav (o da quelli marittimi di superficie chiamati Usv – Unmanned Surface Vehicle) è diventata una priorità per entrambi i belligeranti, e gli ucraini, oltre ad affidarsi a strumenti classici (missili e mitragliatrici pesanti) e a particolari sistemi di rilevamento per le loitering munitions russe, hanno dimostrato particolare ingegno recuperando velivoli a elica utilizzandoli per abbatterli in volo, quasi come se fossimo catapultati ai tempi della Seconda Guerra Mondiale quando i caccia come gli Spitfire e i Bf-109 si fronteggiavano nei cieli d'Europa a colpi di mitragliatrici.

Nella fattispecie, l'esercito ucraino sta utilizzando un velivolo biposto monomotore da addestramento basico a elica, lo Yakovlev Yak-52, per colpire i droni russi, e da quanto si è visto grazie ad immagini recentemente pubblicate, la soluzione funziona.

L'aereo, essendo un addestratore, è disarmato, ma la sua configurazione a due posti in tandem permette al “passeggero” di essere libero dagli impegni di volo e quindi di portare un'arma personale a bordo come un fucile d'assalto. L'intercettazione quindi potrebbe avvenire così: il pilota dello Yak-52, molto probabilmente indirizzato da osservatori a terra, si dirige verso il suo bersaglio e quello che possiamo chiamare “mitragliere” cerca di abbatterlo a colpi di arma da fuoco.

Sembra, invero, di assistere ai primi esperimenti di ingaggio tra aerei in volo, quando i piloti si portavano un'arma corta con sé per cercare, molto banalmente, di colpire l'avversario, ma anche se appare una soluzione disperata, dai kill marks (simboli di vittorie) dipinti sulla fusoliera dello Yak-52 mostrato di recente sembra avere successo.

Si può notare, infatti, che appena sotto il tettuccio dell'aereo l'equipaggio ha dipinto le sagome di almeno due Uav della serie Zala 421-16E e di sei da ricognizione Orlan-10/30. Appaiono anche le sagome di un Mohajer-6 e di un Orlan-10/30 barrati di rosso, insieme a quelle di un airone e di un temporale, ma non è chiaro quale ne sia il significato: probabilmente le ultime due si potrebbero riferire all'essere sopravvissuti all'impatto con un volatile e a condizioni meteo particolarmente avverse.

Ovviamente non stiamo sostenendo che la metodologia per abbattere i droni trovata dagli ucraini sia assolutamente vincente e da considerare come la soluzione da adottare in ambito militare, ma essa dimostra come l'arte di arrangiarsi in guerra, a fronte di nuove minacce o di necessità contingenti date dalla scarsezza di mezzi, sia una risorsa ancora oggi essenziale per sostenere un conflitto, nonostante l'alto livello tecnologico dei sistemi d'arma odierni.

Del resto, durante tutto l'arco di questo conflitto, di esempi simili ne abbiamo visti da entrambe le parti: l'esercito russo ha schierato carri armati “tartaruga” per usarli come artiglieria mobile altamente protetta (appunto per la minaccia data dai piccoli droni kamikaze), mentre entrambe le parti in lotta hanno recuperato dai depositi vecchi veicoli corazzati armandoli artigianalmente con residuati del passato, come cannoncini di origine navale, lanciarazzi per elicotteri e aerei, o pezzi di artiglieria di vario tipo.

La necessità aguzza l'ingegno, e la necessità bellica, soprattutto a fronte di carenze di qualche tipo, lo aguzza ancora di più.

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