Il raid contro il cantiere navale di Sebastopoli è l’ennesimo affondo ucraino alle capacità operative della Russia nel mar Nero. L’attacco ha sicuramente un valore simbolico e rende chiaro all’esercito di Mosca che nemmeno le sue strutture strategiche più fortificate sono al sicuro dai missili Storm Shadow. Le ramificazioni di questo successo di Kiev, però, potrebbero estendersi ben oltre il “semplice” bombardamento, in particolare per quanto riguarda uno degli obiettivi distrutti: il sottomarino classe Kilo “Rostov-sul-Don”.
Cosa sta succedendo nel Mar Nero
Nel mar Nero l’Ucraina ha già ottenuto un’importante vittoria: pur essendo priva di una forza navale, è riuscita a costringere la flotta russa in una postura difensiva. Nelle fasi iniziali della guerra, i vascelli di Vladimir Putin conducevano operazioni in prossimità della costa e potevano garantire un supporto alle truppe di terra, oltre a porre un rischio concreto per la sopravvivenza economica del Paese invaso tramite un blocco totale dei porti. Il crescente uso da parte di Kiev dei missili da crociera Neptune e il ritiro dall’Isola dei Serpenti ha privato la flotta russa della copertura aerea necessaria a condurre questo genere di operazioni. A questo si è aggiunto lo schieramento di droni marittimi kamikaze, una minaccia costante a cui le navi della Federazione non hanno ancora trovato una risposta efficacie.
La Russia, però, ha ancora una carta nella sua mano con cui minacciare l’Ucraina: i sottomarini di classe Kilo. Fino ad ora, i quattro (ora tre) vascelli di questo tipo sono stati utilizzati come piattaforme di lancio per i missili Kalibr, testate supersoniche anti-nave e antiterrestri che, durante l’inverno, hanno inflitto duri colpi alle infrastrutture strategiche ucraine e in particolare alla rete elettrica. Mosca, però, potrebbe decidere di riesumare l’idea di un blocco economico del Paese e realizzarlo proprio grazie ai sottomarini.
I rischi di una guerra lunga
I lenti progressi della controffensiva ucraina e l’avvicinarsi della stagione fredda rendono questa possibilità sempre più concreta. Il rallentamento delle operazioni belliche dovuto ai mesi invernali e la mancanza di una vittoria decisiva di Kiev sul campo farebbero scivolare sempre di più la guerra verso la strada del lungo conflitto di logoramento. In questa prospettiva, l’aspetto economico giocherebbe un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’Ucraina. Nel 2022, il suo Pil si è ridotto del 30% e dopo il ritiro della Russia dall’accordo sul grando, cinque Paesi dell’Unione europea (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria) hanno imposto un veto alla vendita dei cereali ucraini sul loro territorio, poiché il surplus di prodotti agroalimentari ne aveva fatto crollare il mercato. Dopo la fumata nera dell’incontro a Sochi tra Erdogan e Putin, Varsavia ha prolungato il divieto oltre la data di scadenza del 15 settembre.
In una situazione di tale fragilità economica, una campagna sottomarina russa potrebbe infliggere il colpo di grazia all’Ucraina, privandola della capacità di resistere ad una guerra di attrito.
Si può ipotizzare, dunque, che la distruzione del “Rostov-sul-Don” sia stata una sorta di azione preventiva, un colpo inferto non solo alla capacità della Russia di mantenere e riparare le proprie navi nel mar Nero, ma anche alla sua possibilità di variare strategia e adottare un approccio che, al momento, l’esercito ucraino non sarebbe pronto a contrastare.
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