Si è concluso dopo tre ore il faccia a faccia tra il presidente Vladimir Putin e il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, nella città russa di Sochi. Punto centrale dei colloqui è stato il ripristino dell’accordo per le esportazioni del grano ucraino attraverso i porti sul mar Nero, spesso bersagli dei bombardamenti dell’esercito di Mosca.
Dall’incontro, però, non è emerso alcun documento. Durante la conferenza stampa, Putin ha affermato che “la Russia è pronta a tornare sull’accordo del grano”, da cui sarebbe stata costretta a ritirarsi dall’inganno dell’Occidente, che avrebbe mentito sulla sua natura umanitaria. Secondo il leader del Cremlino, infatti, gli ucraini avrebbero utilizzato “i corridoi creati per trasportare i cereali per condurre attacchi terroristici contro obiettivi militari e civili all’interno della Federazione”. Inoltre, i Paesi occidentali non avrebbero rispettato gli impegni previsti dal precedente accordo, come il collegamento della Banca agricola di Mosca al sistema di pagamento elettronico Swift e lo scongelamento di beni di alcune società russe.
Il presidente Putin ha fatto anche menzione alla controffensiva ucraina, definendola “un fallimento” e ha accusato Kiev di aver “gettato nella spazzatura” le bozze dell’accordo di pace mediato dalla Turchia lo scorso anno. Per Mosca, quindi, non vi saranno nuovi patti fino a che non saranno rimosse le sanzioni imposte dall’Occidente.
Più fluida la posizione di Erdogan, che sembra essere intenzionato a mantenere il suo ruolo di terzo attore neutrale affacciato sulle acque del mar Nero. Da un lato, infatti, il leader turco ha ribadito la disponibilità della Russia a tornare sull’accordo del grano, ma dall’altro ha anche sottolineato che “le proposte alternative messe all’ordine del giorno non possono offrire un modello sicuro, sostenibile e permanente. Svolge un ruolo chiave nella crisi climatica globale e funge come da respiratore per chi ne ha bisogno”. Il riferimento è ai Paesi dell’Africa sub-sahariana, la cui stabilità alimentare dipende proprio dalle grandi quantità di cereali esportate dall’Ucraina.
Per questo, oltre all’irrigidimento verso Mosca, il Sultano ha invitato Kiev ad “ammorbidire il suo approccio per intraprendere passi congiunti con la Russia”. Affermazioni, queste, decisamente in controtendenza rispetto al pensiero comune del blocco Nato-Ue, secondo cui l’unico approccio possibile alla risoluzione della guerra e, per estensione, al problema del grano è il ritiro completo delle forze di Mosca dal Paese invaso.
La Russia, comunque, rispetterà la promessa fatta a luglio al summit dei Paesi africani e, nelle prossime settimane, invierà gratuitamente in sei nazioni del continente più di 25mila tonnellate di cereali. Una decisione che ha trovato l’appoggio della Turchia, con Erdogan che si è detto disposto a fare “tutto il possibile per inviare grano nei Paesi poveri”.
Al momento è difficile prevedere le possibili conseguenze di questo incontro, anche se il presidente Erdogan ha lasciato intendere di aspettarsi "una soluzione che andrà incontro alle aspettative nel breve periodo".
Si intravede anche uno spiraglio per un possibile tavolo di trattative, seppur limitato alla questione grano: il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto di essere convinto del fatto che, sulla base dei risultati del vertice di Sochi, “ci sarà un colloquio tra il presidente Erdogan e il presidente Zelensky, tra cui vi è un rapporto di fiducia”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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