Nel 34esimo giorno di guerra tra Israele e Hamas, le truppe dell'Idf hanno compiuto progressi sul terreno, impegnando i terroristi in duri combattimenti attorno ad avamposti e postazioni fortificate. Il comandante delle formazioni anticarro dei terroristi palestinesi, Ibrahim Abu-Maghsib, è stato ucciso in un raid aereo ed è aumentato il numero di morti tra le fila israeliane: il bilancio ora ammonta a 32 soldati caduti in battaglia. Sul fronte diplomatico, non si sono fermate le trattative per arrivare ad un accordo circa la liberazione degli ostaggi e gli Usa sembrano essere riusciti a mediare per brevi pause umanitarie.
L'avanzata di Israele: assalto alla roccaforte e al centro di comando
Dopo dieci ore di combattimenti, i soldati delle Idf hanno conquistato una roccaforte di Hamas, nota come Avamposto 17, nel nord della Striscia di Gaza. L’assalto è stato condotto dalla fanteria della brigata Nahal, che si è scontrata con i terroristi sia in superficie, sia nella rete di tunnel scavati sotto la postazione fortificata. Nella zona, le truppe delle Idf hanno affermato di aver trovato gli ingressi di varie gallerie, tra cui uno vicino ad un asilo, e un deposito di armi.
Nel pomeriggio, il portavoce militare dell’esercito israeliano ha riferito che i soldati hanno attaccato il quartier generale di Hamas a Gaza City, situato nelle vicinanze dell’ospedale Shifa, uccidendo almeno 50 terroristi. Il blitz è avvenuto con il supporto dell’aviazione e delle forze speciali. Fonti militari hanno definito il luogo “cuore delle attività di intelligence e operative” dell’organizzazione palestinese, dove sono stati pianificati gli attacchi del 7 ottobre.
I militari israeliani, inoltre, hanno localizzato un impianto di produzione di droni e un deposito di armi dei terroristi all’interno di un edificio residenziale, costruito in prossimità della scuola del quartiere Sheikh Radwan. Le Idf hanno riferito che l’infrastruttura di Hamas era collocata “proprio accanto alla camera da letto di un bambino”.
Nodo ostaggi e pause umanitarie: una mediazione difficile
I capi della Cia e del Mossad si sono recati a Doha, per discutere con le autorità del Qatar un possibile accordo per il rilascio degli ostaggi in cambio di una tregua. Secondo fonti informate, “i colloqui starebbero procedendo bene verso un’intesa”. Contemporaneamente, una delegazione di Hamas, guidata dal capo politico dell’organizzazione Ismail Haniyeh e dall'ex leader del politburo Khaled Mashal, è atterrata in Egitto per un vertice con le autorità del Cairo sullo stesso tema.
Il capo di Stato israeliano Isaac Herzog ha affermato di non credere ad una reale intenzione dei terroristi circa la liberazione degli ostaggi, mentre il presidente americano Joe Biden ha ribadito che, al momento, “non vi è possibilità di un cessate il fuoco”. Una linea, questa, mantenuta anche dal premier Netanyahu, che rimane fermo nel respingere qualsiasi proposta di uno stop ai combattimenti che non venga preceduto da un rilascio di tutti i prigionieri detenuti nella Striscia.
Un accordo, invece, è stato raggiunto per quanto riguarda le pause umanitarie. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano John Kirby ha affermato che lo Stato ebraico ha accettato di “concedere ogni giorno pause umanitarie di quattro ore a nord di Gaza”.
Inoltre, Washington ha riferito che Israele ha deciso per l’apertura di due corridoi verso la parte meridionale della Striscia, in modo che i civili possano fuggire dalle zone dei combattimenti. L’ufficio di Netanyahu ha subito precisato che le pause “saranno molto localizzate e non corrispondono ad un cessate il fuoco”.
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