"Ci occuperemo della sicurezza della Striscia". Il piano di Netanyahu per Gaza

Il premier israeliano ha avanzato l'ipotesi di una presenza stabile delle sue truppe all'interno dell'exclave palestinese dopo la fine della guerra

"Ci occuperemo della sicurezza della Striscia". Il piano di Netanyahu per Gaza
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Mentre proseguono le operazioni di terra delle Idf a Gaza City, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato del futuro della Striscia dopo l'auspicata eradicazione di Hamas. "Penso che ci assumeremo la responsabilità generale della sicurezza per un periodo indefinito perché abbiamo visto cosa succede quando non ce l'abbiamo", ha affermato il primo ministro di Tel Aviv in un'intervista all'emittente americano Abc News. "Quando non abbiamo questa responsabilità in termini di sicurezza, ciò che abbiamo è l'esplosione del terrore di Hamas su una scala che non potremmo immaginare".

Questa ipotesi era già stata espressa nel corso delle ultime settimane da funzionari israeliani che avevano mantenuto la condizione di anonimato. Il fatto che anche Netanyahu in prima persona l'abbia esposta al pubblico potrebbe essere il segnale di un piano per tornare a una situazione simile a quella precedente al 2005, anno in cui lo Stato ebraico ha disposto l'evacuazione dei coloni e degli insediamenti israeliani presenti nella Striscia. Questa sarebbe la volontà dei ministri più oltranzisti, che vorrebbero riesumare i progetti di annessione, ma anche alcuni rappresentanti della destra più moderata hanno dichiarato che i palestinesi andrebbero puniti con la perdita di territori.

Al momento, pare che il progetto di Netanyahu sia diviso in due fasi: la prima prevederebbe la creazione di un'area cuscinetto profonda un chilometro e controllata dall'esercito israeliano, dove l'ingresso dei locali verrebbe giudicato un atto ostile. Successivamente, si dovrebbe passare ad un'amministrazione simile a quella dell'area B della Cisgiordania, con l'autorità civile nelle mani dei palestinesi ma la possibilità per le forze israeliane di effettuare liberamente raid e arresti. Il presidente americano Joe Biden si è detto contrario a questo tipo di scenario. L'inquilino della Casa Bianca ha avvertito Israele del rischio di ritrovarsi impantanato a Gaza se, una volta sconfitto Hamas, non presenterà un piano concreto per il governo del territorio palestinese.

Durante l'intervista, il premier israeliano ha anche ribadito che "non ci sarà un cessate il fuoco senza il rilascio degli ostaggi", perché convinto che questo "ostacolerebbe lo sforzo bellico, ostacolerebbe il nostro sforzo per liberare gli ostaggi perché l'unica cosa che funziona con questi criminali di Hamas è la pressione militare che stiamo esercitando". Per quanto riguarda la questione delle pause umanitarie, Netanyahu si è detto per la prima volta aperto all'ipotesi di accettare l'appello avanzato dagli Stati Uniti: "Piccole pause, un'ora qui, un'ora là, le abbiamo già fatte. Verificheremo le circostanze al fine di consentire l'ingresso di beni umanitari o l'uscita dei nostri ostaggi".

Sulle vittime dei bombardamenti israeliani, Netanyahu ha affermato che la cifra degli oltre 10mila morti "comprende parecchie migliaia di combattenti palestinesi" e che il numero "non deve essere preso al valore nominale. Dobbiamo verificarli".

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