Cosa sono e come funzionano le armi all'uranio impoverito che riceverà l'Ucraina

L'amministrazione Biden invierà all'Ucraina le controverse munizioni perforanti contenenti uranio. Il loro obiettivo: perforare i carri armati russi

Cosa sono e come funzionano le armi all'uranio impoverito che riceverà l'Ucraina
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Nuovi aiuti militari Usa per l'Ucraina. Gli Stati Uniti hanno dato il via libera per la consegna a Kiev di un pacchetto dal valore di 175 milioni di dollari contenente una fornitura di proiettili all'uranio impoverito del calibro di 120 millimetri. Dopo le indiscrezioni filtrate negli ultimi giorni è arrivata la conferma definitiva da parte del dipartimento della Difesa statunitense. L'amministrazione Biden invierà così al governo guidato da Volodymyr Zelensky le controverse munizioni perforanti contenenti uranio, che teoricamente potrebbero aiutare a distruggere i carri armati russi.

Nuove armi per Kiev

Le munizioni in questione, ha scritto Reuters, potrebbero essere lanciate dai carri armati americani Abrams che, secondo alcune fonti, dovrebbero essere consegnati all'Ucraina nelle prossime settimane. All'inizio del 2023, la Gran Bretagna aveva già inviato munizioni del genere a Kiev. Adesso anche gli Stati Uniti faranno altrettanto per la prima volta da quando è scoppiata la guerra.

A fronte delle difficoltà riscontrate dalle forze ucraine sul campo di battaglia, e della progressiva erosione delle scorte di proiettili d'artiglieria convenzionali a disposizione della Nato, gli Usa hanno optato per questo passo in avanti.

La mossa statunitense fa seguito ad una precedente decisione di fornire munizioni a grappolo all’Ucraina, nonostante le preoccupazioni per i pericoli che tali armi avrebbero potuto rappresentare per i civili. L’uso di munizioni all’uranio impoverito è stato infatti oggetto di accesi dibattiti. Non a caso c'è chi fa notare come, dietro al loro impiego, si nasconderebbero pericolosi rischi per la salute derivanti dall’ingestione o dall’inalazione di polvere dello stesso uranio impoverito, inclusi tumori e difetti congeniti.

Le munizioni all'uranio impoverito

Dal punto di vista tecnico, un sottoprodotto dell'arricchimento dell'uranio, l'uranio impoverito appunto, viene utilizzato per le munizioni perché la sua densità conferisce ai proiettili la capacità di penetrare facilmente nelle corazze dei veicoli nemici, e di autoinfiammarsi in una nube di polvere e metallo.

La fornitura di munizioni anticarro all'uranio impoverito - un'alternativa meno costosa al tungsteno, ma controversa per i richiamati danni ambientali e alla salute causata dalla disseminazione di particolato e frammenti radioattivi a seguito dell'impatto con il bersaglio – sarà, come detto, parte della dotazione dei carri armati M1 Abrams promessi dagli Usa agli ucraini.

Quando viene sparata, una munizione all’uranio impoverito diventa "essenzialmente un dardo di metallo esotico sparato a una velocità straordinariamente elevata", ha spiegato al Guardian l’analista Scott Boston. Detto altrimenti, quando colpisce la corazza di un carro armato, la attraversa in un batter d'occhio prima di esplodere in una nuvola ardente di polvere e metallo, mentre le temperature in aumento fanno esplodere il carburante e le munizioni del veicolo.

Controversie e polemiche

Gli Stati Uniti hanno utilizzato munizioni all’uranio impoverito in massicce quantità nelle guerre del Golfo del 1990 e nel 2003 e nei bombardamenti Nato sull’ex Jugoslavia nel 1999. L'organismo di vigilanza nucleare delle Nazioni Unite, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, afferma che gli studi condotti nell'ex Jugoslavia, in Kuwait, Iraq e Libano "hanno indicato che l'esistenza di residui di uranio impoverito dispersi nell'ambiente non costituisce un pericolo radiologico per la popolazione delle regioni colpite".

Sebbene le munizioni all’uranio impoverito non siano considerate armi nucleari, la

loro emissione di bassi livelli di radiazioni ha comunque portato l’organismo di vigilanza nucleare delle Nazioni Unite a sollecitare cautela durante la manipolazione e ad avvertire dei possibili pericoli di esposizione.

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