Droni killer e trincee troppo corte: ora Kiev teme la "caccia al soldato"

Sempre più spesso le forze della Federazione ingaggiano una battaglia uno contro uno con i soldati ucraini. Questo aumenta il numero delle vittime e la letalità delle lesioni dei soldati di Kiev

Droni killer e trincee troppo corte: ora Kiev teme la "caccia al soldato"
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A due anni e mezzo dallo scoppio della guerra in Ucraina, sul campo sembra essere cambiato tutto e niente. Le armi si sono fatte più economiche e più precise ma questo non ha impedito che il conflitto, al di là del suo lato cyber, resti ancora così profondamente legato alle dinamiche da Prima Guerra Mondiale. Denti di drago, trincee, la massa come carne da cannone, il ruolo fondamentale dell'artiglieria. Un'evidenza che va al di là di quanto ci si era prefigurati per via di droni e simili mirabilia che ha partorito il warfare moderno.

Le ferite dei soldati, come in ogni conflitto, sono un drammatico e utile strumento per comprendere come e quanto sia mutata la virulenza degli attacchi da parte del nemico, e soprattutto quali nuovi strumenti sono impiegati sul campo di battaglia. Nelle ultime settimane, il personale sanitario di stanza in Ucraina ha notato un mutamento significativo nel tipo di ferite subite dai soldati di Kiev. Fino a questa primavera era l’artiglieria la principale responsabile delle morti e delle amputazioni: i due terzi dei feriti riportava ferite da schegge di cannone, gli altri erano colpiti da pallottole e droni.

Ora accade il contrario: quella stessa percentuale è vittima dei droni. In particolare di quelli che sono stati ribattezzati "droni killer", che non sono una nuova tecnologia ma un adattamento di ciò che la Federazione possiede già. Nella fase iniziale del conflitto, i droni venivano scagliati contro gruppi di soldati, ma adesso Mosca sembra aver ingaggiato una lotta uno contro uno, come in una sorta di videogame: un parallelo che viene utilizzato molto spesso dai civili per raccontare la modalità degli assalti russi. Come spiega Andrea Nicastro dalle pagine del Corriere della Sera, il meccanismo è questo: il pilota dello Uav osserva dall’alto il nemico e gli sgancia addosso il drone-bomba. Il primo può soltanto, se riesce a intercettare il velivolo senza pilota, tirare fuori il mitra e sparargli contro.

Ma è una lotta impari: sebbene Kiev abbia scavato chilometri di trincee, i terminali di queste ultime sono sempre troppo lontani. In una caccia al singolo, sei/sette chilometri per raggiungere i valli difensivi costituiscono il limes tra la vita e la morte. Senza dimenticare che, se un drone ti osserva, non puoi che cercare di star fermo, spesso per estenuanti e interminabili ore. E se qualcuno tenta di soccorrerti è finita, perché il drone attaccherà. Ma perché Mosca attacca ora in questo modo? La risposta è semplice: al di là degli effetti psicologici di questa sorta di wargame, la Russia dispone di una grande quantità di questi droni e può permettersi di sprecarli ingaggiando una lotta uno a uno.

Questo cambio di passo aumenta in maniera spropositata la mortalità degli attacchi e gli esiti infausti come le amputazioni. I medici di trincea operano diversi metri sotto terra. Hanno poco meno di una ventina di minuti a paziente per stabilizzarlo e permettergli di raggiungere il secondo posto di cura che può essere anche a 80 chilometri di distanza. Bloccare le emorragie, stabilizzare fratture e poi via, nel tentativo di salvarli. La letalità dei droni killer ha costretto i soldati ucraini a diventare sempre più pratici nell'essere medici di se stessi. A salvargli spesso la vita, uno strumento piccolo, quasi banale: il tornichetto emostatico, specificamente progettato per il controllo dell’emorragia massiva degli arti, è stato pensato per poter essere anche auto-applicato, e richiede una formazione minima per trattare istantaneamente un’emorragia pericolosa.

I lunghi viaggi in ambulanza sono troppo rischiosi per le persone in condizioni critiche e volare in elicottero è troppo pericoloso, data la superiorità aerea della Russia sui cieli ucraini. Il treno è una salvezza. L'Ucraina è attraversata da diversi treni di evacuazione medica, utilizzati dall'esercito per trasportare i feriti dalle linee del fronte agli ospedali. Su queste terapie intensive su rotaie, circa il 90% ha subito ferite multiple da schegge. Molti hanno subito amputazioni e diversi sono intubati, vivi grazie ai ventilatori e ad altre macchine di supporto vitale. Per limitare il rollio, il veicolo viaggia a circa 80 chilometri all'ora, che è circa la metà della velocità di un treno normale. Ha anche la precedenza su tutti gli altri, compresi eventuali treni speciali che trasportano dignitari stranieri.

La lotta uno contro uno non produce soltanto ferite da bomba o, spesso, la morte. Ma una serie di ferite invisibili che scavano nell'animo dei soldati. Fremiti, amnesie, urla: i soldati spesso giungono presso i centri di cura totalmente in preda alla follia.

Oggi, chiamiamo tutto questo elegantemente disturbo da stress post-traumatico: durante il primo conflitto mondiale, i soldati che soffrivano di questa nevrosi venivano indicati come "scemi di guerra". Le parole son cambiate, le trincee e la barbarie son le stesse.

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