Israele ha chiuso alla possibilità di una tregua dopo aver ricevuto la proposta di Hamas, ma vi sono ancora spiragli per ottenere la liberazione degli ostaggi e la conclusione del conflitto. Come riportato da Sky News, che ha citato le dichiarazioni di sei funzionari e consiglieri senior del governo di Tel Aviv a Nbc News, lo Stato ebraico sarebbe disposto a lasciare che il leader dell’organizzazione terroristica Yahya Sinwar vada in esilio, in cambio del rilascio di tutte le persone ancora prigioniere nella Striscia e della fine del governo di Hamas nell’exclave.
L’idea sarebbe sul tavolo già da novembre, nonostante il premier Benjamin Netanyahu abbia promesso di eliminare sia il capo del gruppo terroristico, sia il leader delle brigate al-Qassam Mohammed Deif, responsabili degli attacchi del 7 ottobre. Costringere Sinwar ad abbandonare Gaza, assieme ad altri quattro membri di spicco di Hamas, sarebbe una via alternativa per porre fine al dominio dell’organizzazione nell’exclave e aprire la strada a un nuovo organo di governo. “Non ci importa se Sinwar se ne andrà”, ha dichiarato un consigliere del primo ministro. “Permetteremo che ciò accada purché tutti gli ostaggi vengano rilasciati”. Proprio Netanyahu, però, ha già respinto un’idea del genere in passato, sottolineando che la guerra sarebbe terminata solo con l’uccisione della leadership del gruppo palestinese. La caccia a Sinwar, infatti, non si è mai fermata e le Idf hanno affermato di essere ancora sulle sue tracce. “Sono fiducioso che prenderemo i leader di Hamas ovunque si trovino”, ha dichiarato il generale Dan Goldfuss, comandante della 98esima divisione che guida i combattimenti nel sud dell’exclave. Nei prossimi giorni, quest’area della Striscia potrebbe trasformarsi nel nuovo fronte caldo.
Mercoledì 7 febbraio, infatti, Netanyahu ha annunciato che l’esercito è pronto ad avanzare su Rafah, città al confine con l’Egitto e ultima roccaforte dei terroristi che, secondo il Jerusalem Post, vogliono mantenerne il controllo sia per dettare legge sugli aiuti umanitari che passano il confine e avere facile accesso alle merci di contrabbando, sia per utilizzare il gran numero di civili che si sono rifugiati lì durante i mesi di guerra come scudi umani. Secondo gli operatori umanitari, Rafah è diventata una “pentola a pressione di disperazione” e un eventuale attacco israeliano su larga scala potrebbe trasformarsi in una catastrofe.
Per Tel Aviv, però, è cruciale il controllo della Philadelphi Route, i 14 chilometri che corrono tra la Striscia e l’Egitto, per tagliare fuori Hamas da possibili aiuti militari provenienti dall’esterno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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