Negoziati Usa-Russia a Riad: le cinque cose che sappiamo

Trump e Putin sono su due binari separati e paralleli, due visioni opposte, un unico tavolo negoziale

Veduta esterna del Ritz-Carlton hotel dove si tengono i colloqui a Riad (immagine presa dal sito dell'albergo)
Veduta esterna del Ritz-Carlton hotel dove si tengono i colloqui a Riad (immagine presa dal sito dell'albergo)
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Nelle stanze segrete della diplomazia internazionale si giocano in queste ore partite decisive: mentre il dossier sui negoziati con Mosca parla della possibile riapertura russa ai mercati globali con grano e prodotti essenziali, l’altro fronte, quello di Washington, si concentra su un tema umanitario dirompente: il ritorno in patria di prigionieri di guerra e dei bambini ucraini strappati con la forza e trattenuti nei territori occupati. Due binari paralleli, due visioni opposte, un unico tavolo negoziale.

La Casa Bianca ha diffuso due separate dichiarazioni sui recenti colloqui tecnici avvenuti in Arabia Saudita, con il coinvolgimento di Mosca e Kiev. I testi, intitolati rispettivamente "Esiti dei gruppi di esperti Usa e Russia sul Mar Nero a Riad 23-25 marzo" e "Esiti dei gruppi di esperti Usa e Ucraina", delineano cinque impegni, di cui quattro sono identici, mentre uno differisce tra i due. Entrambe le dichiarazioni iniziano richiamando gli incontri presidenziali tra Donald Trump e Vladimir Putin, e tra Trump e Volodymyr Zelensky, ribadendo che gli Stati Uniti sisono impegnati nel facilitare i colloqui bilaterali a livello tecnico con le delegazioni russa e ucraina dal 23 al 25 marzo. A seguito di questi colloqui, sono stati concordati 5 punti.

1. Il Mar Nero

Gli Stati Uniti, la Russia e l'Ucraina si impegnano a garantire la sicurezza della navigazione, a vietare l'uso della forza e a prevenire l'impiego di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero. Una clausola condivisa da entrambe le parti per garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero: Stati Uniti, Ucraina e Russia concordano sull'eliminazione dell’uso della forza e sul divieto di impiegare navi commerciali per scopi bellici. Una tregua fragile come il mare in tempesta, ma fondamentale per evitare ulteriori escalation nello scacchiere navale.

2. Aspetti umanitari (e una doppia versione)

Nella versione di Kiev, gli Stati Uniti si impegnano a sostenere con ogni mezzo la liberazione dei prigionieri di guerra e il ritorno dei bambini deportati, sottratti con la forza dalle autorità russe. Un accordo che tocca le corde più sensibili del conflitto: il dramma dei rapimenti, la devastazione delle famiglie, l'uso della popolazione civile come pedina negoziale.

Nella versione di Mosca, il discorso cambia drasticamente. L’attenzione si sposta sul commercio: con gli Stati Uniti che agevoleranno il ritorno della Russia nel mercato globale dell’agricoltura e dei fertilizzanti, ridurranno i costi assicurativi per il trasporto marittimo e faciliteranno l’accesso ai porti e ai circuiti di pagamento. Un pragmatismo cinico, una mossa che mira a riattivare l’economia russa in cambio di concessioni su altri fronti.

In entrambe le dichiarazioni, il secondo punto differisce in base alla parte coinvolta, ma i principali impegni rimangono invariati.

3. Stop agli attacchi alle infrastrutture energetiche

Un principio condiviso dalle parti in guerra, almeno sulla carta: Stati Uniti, Ucraina e Russia svilupperanno misure per rafforzare l’accordo che vieta gli attacchi alle centrali elettriche. Tuttavia, il dettaglio chiave è l’assenza di un’estensione della tregua alle infrastrutture civili, lasciando così aperta la porta a nuovi bombardamenti su città e reti energetiche.

4. I mediatori terzi

I Paesi terzi entrano in scena come arbitri silenziosi del conflitto: "Gli Stati Uniti, la Russia e l’Ucraina riconoscono il ruolo cruciale di attori neutrali per garantire la stabilità degli accordi sull’energia e sulla sicurezza della navigazione." Ma chi sono questi attori? E quanto peso avranno realmente su decisioni prese a migliaia di chilometri dai tavoli negoziali?

5. Verso la pace

Infine, la dichiarazione più ambiziosa e al contempo più fragile: le parti continueranno a lavorare per una pace duratura. Un impegno vago, un obiettivo tanto necessario quanto lontano.

Mentre la diplomazia traccia linee sulla carta, il fronte continua a consumare uomini, risorse e speranze. La guerra però non si ferma con le parole, e i prossimi giorni diranno se questi accordi saranno un ponte verso la stabilità o l’ennesima illusione svanita nel fumo delle battaglie.

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