Droni abbattuti, raid sulle basi e strike Usa in Siria: così si infiamma la guerra nei cieli

Gli Houthi in Yemen rivendicano l'abbattimento di un drone Usa, mentre Washington risponde con nuovi raid in Siria. Proseguono le schermaglie a margine della guerra in Israele

Droni abbattuti, raid sulle basi e strike Usa in Siria: così si infiamma la guerra nei cieli

Droni abbattuti, attacchi alle basi tra Siria e Iraq e un nuovo strike degli Stati Uniti contro obiettivi iraniani. All'ombra della guerra tra Israele e Hamas si infiammano gli scontri tra Teheran e i suoi proxy contro gli Stati Uniti. Si tratta di un conflitto a bassa intensità, fatto di schermaglie sporadiche che adesso iniziano però a presentare segni preoccupanti di una possibile escalation.

Il nuovo raid Usa in Siria

L'ultimo episodio di queste schermaglie è avvenuto nella tarda serata dell'8 novembre. Il Pentagono ha diramato un comunicato in cui ha annunciato di aver effettuato un attacco nella Siria orientale, nella regione di Deir ez-Zor, con due F-15. Obiettivo, ancora una volta, postazioni del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica e le milizie sciite che operano nell'area. Per gli Usa si tratta di un secondo attacco dopo quello dello scorso 27 ottobre.

Secondo quanto rivelato dal segretario alla Difesa Lloyd Austin, i caccia Usa hanno colpito siti di stoccaggio delle armi controllate dai pasdaran. "Lavoriamo contro qualsiasi escalation", ha detto Austen confermando che il via libera alla missione è arrivato direttamente dal presidente Joe Biden. Fonti del Pentagono hanno detto al Washington Post che al momento non sembrano esserci vittime civili nell'attacco. Lo stesso funzionario ha aggiunto che la struttura era sotto osservazione da tempo e che, dopo il blitz, si sono sentite esplosioni secondarie, segno che nella struttura erano presenti armi. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con sede nel Regno Unito, almeno nove persone affiliate a gruppi sostenuti dalla repubblica islamica sarebbero morte nell'attacco.

Una risposta agli attacchi sciiti

L'attacco Usa della notte è un'altra risposta americana ai continui attacchi a cui sono sottoposte le truppe Usa tra Siria e Iraq. Dal 17 ottobre diversi siti americani sono finiti nel mirino di droni e razzi lanciati dalle milizie sciite. Uno degli ultimi casi ha riguardato in modo incidentale anche soldati italiani di stanza in Iraq. Il 7 ottobre tre droni carichi di esplosivo sono stati lanciati contro una base che ospita americani e truppe della coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa a Erbil, nell'Iraq settentrionale. Due sono stati abbattuti mentre un terzo si è schiantato senza conseguenze. Sempre mercoledì il Pentagono ha dichiarato che dal 17 ottobre sono stati almeno 41 gli attacchi contro forze americane nella regione. Al momento Washington dispiega 2.500 uomini in Iraq e 900 in Siria.

L'attacco di martedì è stato poi rivendicato da gruppo noto come "Resistenza islamica in Iraq" sui canali Telegram affiliati alle fazioni irachene vicine a Teheran. La formazione si è auto attribuita altri blitz contro le installazioni americane nell'area. Sempre martedì una seconda base Usa è finita nel mirino delle milizie irachene filo-iraniane. Secondo quanto riferisce l'ufficio stampa della "Resistenza islamica in Iraq", sigla che racchiude gruppi armati iracheni sostenuti dall'Iran, ad essere presa di mira è stata una base nella Siria sud-orientale vicino ai giacimenti di gas nell'area di Conoco lungo la riva orientale del fiume Eufrate.

Il New York Times ha raccontato come ogni decisione su questi strike sia calcolata in riunioni mirate durante le quali si calcolano eventuali conseguenze. Due fonti del Comando Centrale del Pentagono e dell'Intelligence americana hanno detto che gli Usa hanno informazioni dettagliate su dove si trovino molti leader delle milizie sciite, ma soprattutto che nelle ultime due settimane le analisi si sono concentrate sulle eventuali conseguenze.

L'Iran dal canto suo ha sempre negato ogni coinvolgimento dicendo di non essere responsabile di alcuna azione militare o attacco contro le forze statunitensi di stanza in Siria e in Iraq. Teheran ha ribadito la sua posizione anche all'Onu con l'ambasciatore che ha risposto a una lettera degli Stati Uniti al Consiglio di sicurezza dell'Onu, che accusava l'Iran di attaccare le sue forze nei due Paesi arabi.

Il rischio escalation

Per gli Usa i continui raid non sono solo un fastidio, ma rappresentano un rischio concreto di escalation. Negli Usa più di qualcuno critica l'amministrazione Biden di non aver fatto abbastanza per proteggere le truppe americane. Per ora tutti i soldati colpiti sono stati feriti in modo lieve tranne due che hanno dovuto ricevere cure mediche più approfondite e sono stati trasferiti in Germania. Il timore è che prima o poi un soldato americano rimanga ucciso in uno di questi raid e, giocoforza, il conflitto con Teheran possa esplodere.

Già a marzo Biden aveva dato il via libera a dei raid contro postazioni dei proxy iraniani in Siria dopo l'attacco di un drone contro una base usa nella zona di Hasakah nel Nord-Est del Paese. Nel blitz un contractor americano era rimato ucciso e cinque membri del servizio feriti. All'epoca il Pentagono parlò di coinvolgimento dell'Iran. In realtà le schermaglie di questo autunno sono solo l'ultimo capitolo di un conflitto che va avanti da tempo. Dal 2021 gli Usa e il dispositivo per la guerra allo Stato islamico sono impegnati in una serie di raid offensivi contro le forze iraniane. I target sono sempre gli stessi: carovane di miliziani nel deserto, strutture di stoccaggio di armi e centri di comando. Teheran utilizza i porosi confini tra Siria e Iraq per creare una sorta di catena di forniture di armi ai vari proxy che arrivi fino agli Hezbollah in Libano. Ma i raid in quella regione non sono l'unico punto caldo di questa guerra aerea.

Drone abbattuto

Sempre ieri un drone militare Usa, un MQ-9 Reaper dal valore di oltre 30 milioni di dollari, è stato abbattuto al largo delle coste dello Yemen dalle milizie sciite Houthi che controllano parte del Paese. La conferma è arrivata da un funzionario della Difesa Usa che ha parlato con la Cnn. Sempre secondo questa fonte il drone si trovava nello spazio aereo internazionale sopra il Mar Rosso. A ottobre, ricorda il New York Times, un cacciatorpediniere della marina Usa aveva intercettato una raffica di missili lanciati dallo Yemen verso Israele.

Dopo il 7 ottobre gli Usa hanno lavorato per proiettare la propria potenza nella regione dopo il disimpegno in Medio Oriente culminato con il ritiro dall'Afghanistan nel 2021. Nel Mediterraneo orientale ha inviato due portaerei, il sottomarino a propulsione nucleare SSGN Ohio e aumentato i sorvoli. Martedì e mercoledì ha invece inviato un bombardiere B-1B scortato da caccia F-16 per una seconda missione di avvertimento.

I blitz di Israele

Sempre l'8 novembre una serie di attacchi aerei israeliani ha colpito siti militari nel sud della Siria. L'agenzia di stampa ufficiale Sana, citando fonti militari siriane, ha detto che "verso le 22:50 di oggi, il nemico israeliano ha effettuato un attacco aereo dalla direzione di Baalbek in Libano, colpendo alcuni punti militari nella regione meridionale, causando alcune perdite materiali".

Tel Aviv, anche se impegnata nell'offensiva contro la Striscia di Gaza in risposta agli attentati di Hamas del 7 ottobre, ha colpito diverse volte la Siria nell'ultimo periodo. A ottobre due strike dell'aviazione israeliana avevano messo fuori uso per due settimane gli aeroporti di Damasco e Aleppo.

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