Il ciclone Podolyak si abbatte sull’Occidente. Attacchi frontali, accuse, minacce velate. Dopo il Papa, nel mirino del consigliere presidenziale del presidente ucraino Zelensky finiscono L’Onu, l’Agenzia Internazionale per l’energia atomica ma anche Croce Rossa, Amnesty international, e ancora India, Cina e Turchia. Ma dopo il boato e un pizzico di stupore, i danni più ingenti per questo ciclone di fine estate, nel complicato scacchiere degli equilibri internazionali, potrebbero essere proprio per l’Ucraina. Podolyak ne ha per tutti, definendo fittizie e inutili alcune delle più importanti istituzioni mondiali. «L’Onu è in realtà un’organizzazione del tutto inesistente, un gruppo di pressione che serve a far guadagnare soldi per una buona vecchiaia alle persone che ricoprono posizioni di rilievo al suo interno. Onu, Aiea, Croce Rossa, Amnesty International, sono tutte organizzazioni fittizie che intasano le nostre coscienze con valutazioni spazzatura», ha detto il consigliere del presidente ucraino.
Non solo: «Se organizzazioni del genere non esistessero, molte cose sarebbero risolte meglio e più velocemente», ha attaccato. Di seguito ne ha avute abbastanza da far scattare un caso diplomatico con India, Cina e Turchia. «Il problema di Cina e India è che non analizzano le conseguenze delle loro azioni. È il debole potenziale intellettivo di questi Paesi. Questi Paesi oggi guadagnano grazie a questa guerra, in modo consistente, così come la Turchia».
Parole pesanti, che arrivano dopo quelle in cui aveva apertamente dato del filorusso a Papa Francesco, impegnato in prima persona per cercare un canale di dialogo tra Russia e Ucraina e «colpevole» di aver elogiato la storia e il patrimonio culturale russo (anche se forse non con parole adeguate). Fatto sta che dopo la destituzione di Oleksij Reznikov da ministro della Difesa proprio per le sue posizioni considerate troppo oltranziste e contro il dialogo, sostituito dal più diplomatico Rustem Umerov, ecco che il nuovo falco di Kiev assume le sembianze di Podolyak. Con il rischio che in un momento delicatissimo del conflitto e del dibattito internazionale, con un crescente malcontento verso l’impegno bellico, l’Ucraina finisca per trovarsi più isolata dopo 15 mesi di sostegno pressoché totale.
Un bel problema per Zelensky, che ieri ha convocato il Gabinetto militare per discutere della controffensiva. «Abbiamo anche discusso dei preparativi per le controazioni del nemico: costruzione di fortificazioni, rafforzamento dei nostri difensori nelle aree interessate, dati di intelligence su date e direzioni», ha detto il presidente. Tra le operazioni portate avanti con successo, la riconquista di alcune piattaforme petrolifere e di gas del Mar Nero che erano state occupate dalla Russia nel 2015 vicino alla penisola di Crimea, là dove prosegue l’avanzata ucraina. Secondo l’istituto americano per lo studio della guerra, anche nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia le forze di Kiev fanno progressi così come in direzione di Bakhmut, Klishchiivka e Andriivka.
Intanto secondo l’Onu, sarebbero almeno 9.614 i civili uccisi e 17.535 quelli feriti dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. E, a proposito di brutalità, emerge un retroscena che riguarda il leader ceceno Ramzan Kadyrov.
Lo spietato braccio destro di Putin nelle operazioni più sporche, avrebbe fatto seppellire vivo il vice primo ministro del suo Paese e medico personale, Elkhan Suleimanov, perché sospettato di aver tentato di avvelenarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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