Mentre l’offensiva terrestre nella Striscia di Gaza pare imminente, la rabbia per gli uccisi e l’angoscia per i rapiti si mescolano a Tel Aviv. Il diritto di vendicare le vittime sterminate nell’assalto del 7 ottobre deve convivere con il dovere di salvare gli ostaggi nelle mani dei miliziani di Hamas. E il bombardamento senza tregua con il margine, sempre più stretto, per salvarli. Dopo le operazioni Entebbe, Litani, Misgav Am, il caso dell’autobus 300 e il rapimento di Gilad Shalit, è ancora una volta la questione degli ostaggi a complicare le sorti del conflitto, e di Israele. Lo sa bene Ariel Merari, tra i principali esperti israeliani di terrorismo islamico, che ha fondato e diretto per vent’anni la squadra di negoziazione dell’Idf per il rilascio dei prigionieri di guerra.
Prima di invadere Gaza via terra, non crede che Israele dovrebbe trattare per la liberazione degli ostaggi?
“Assolutamente no, non sono d’accordo”.
Potrebbe negoziare uno scambio di prigionieri, come ha fatto più volte in passato, per esempio dopo l’operazione Litani a cui lei ha preso parte…
“Come dimostra l’inaudita e intenzionale crudeltà contro i civili del recente attacco, Hamas non è vincolato da alcun principio morale o da leggi internazionali di guerra. In questa fase del conflitto, Hamas intende usare i rapiti come scudi umani. E, come tra l’altro hanno già dichiarato diversi capi del gruppo, non ha intenzione di negoziare fino alla fine della guerra. Quindi, per Hamas l’obiettivo immediato è quello di usare gli ostaggi per abortire qualsiasi azione punitiva di Israele. Poi, dopo il brutale assassinio più di 1400 israeliani, la cosa più importante per Israele è annientare la capacità offensiva di Hamas, rimuovendolo dal potere nella Striscia di Gaza, in modo da prevenire attacchi futuri”.
Se Tel Aviv bypassa il negoziato, però rischia che per gli ostaggi si metta male.
“Gli sforzi per liberare gli ostaggi devono essere perseguiti il più possibile, ma non a scapito della distruzione del potere militare di Hamas. Per i terroristi di Gaza i rapiti sono una risorsa fondamentale per fare pressione su Tel Aviv. Quindi, Hamas non ha interesse ad eliminarli. E se dovesse succedere che ne uccide qualcuno, di sicuro dirà che sono morti a causa delle bombe sganciate dall’aviazione israeliana”.
Cosa si può fare per avere almeno una chance di riportare a casa i prigionieri?
“È necessario attivare la pressione pubblica internazionale affinché Hamas rilasci in modo incondizionato almeno i civili. Poi, le leggi internazionali di guerra e l’obbligo di obbedire ai principi umanitari in tempo di guerra si basano sul presupposto di reciprocità. E il rapimento di civili, donne, bambini è una violazione di tutte le leggi di guerra. Per cui, finché Hamas non rivela i nomi, le condizioni di salute degli ostaggi e non permette alla Croce rossa di visitarli, Israele non deve consentire alcun aiuto umanitario agli abitanti di Gaza”.
Lei ha interrogato più volte i miliziani di Hamas rinchiusi nelle carceri israeliane. Chi sono davvero?
“Sono dei nazionalisti, dei fanatici religiosi, ma che sono mossi anche da ambizioni e motivazioni personali”.
In cosa Hamas si differenzia da altre organizzazioni jihadiste come Isis e al Qaeda?
“La peculiarità di Hamas è pretendere una legittimazione da parte dell’opinione pubblica internazionale, in particolare nei paesi arabi, ma non solo”.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto più volte che l'obiettivo primario di Israele è smantellare Hamas. Ma è davvero possibile?
“Israele non può eliminare Hamas come movimento, ma può distruggerne la forza militare e rimuoverlo dal potere a Gaza”.
E quale sarebbe allora la strategia
per neutralizzare definitivamente la minaccia di Hamas?“Israele deve prima rimuovere Hamas dal potere e poi consentire che l’Autorità nazionale palestinese prenda il totale controllo della Striscia di Gaza”.
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