Israele è di nuovo in guerra con l'organizzazione terroristica palestinese Hamas. Non sono, però, gli unici due attori in gioco e con interessi in questo conflitto. Da oltre il confine con il Libano, gli Hezobollah minacciano lo Stato ebraico e l'Iran allunga la sua ombra sui Paesi bagnati dal Mediterraneo, nel tentativo di esercitare un'influenza sempre maggiore.
Benjamin Netanyahu: il premier israeliano
Il primo ministro israeliano ha attraversato un vero e proprio cursus honorum di romana memoria. Nato nel 1949 a Tel Aviv, nel '67 si è arruolato nell'esercito israeliano, servendo come team leader nell'unità delle forze speciali Sayeret Matkal. Con la sua unità, ha partecipato a molte missioni e ha combattuto in prima linea nella Guerra d'attrito (1967-1970) e nella Guerra dello Yom Kippur (1973). La sua carriera politica è iniziata dopo il congedo e il periodo di studi negli Stati Uniti, tra Harvard e il Mit. Nel 1988 è nominato Rappresentante permanente di Israele all'Onu, incarico che ha mantenuto fino alla sua ascesa al vertice del partito Likud nel 1993. Nel '96, Netanyahu è diventato il più giovane primo ministro nella storia del Paese.
Tra alterne fortune e un periodo di distacco dalla politica, "Bibi" ha guidato ben sei governi. L'ultimo, formato nel dicembre del 2022, è nato da una coalizione con partiti di estrema destra. Ha attraversato l'emergenza Covid e siglato gli "Accordi di Abramo" mediati dagli Stati Uniti. Durante i suoi mandati, ha ordinato diversi attacchi nella striscia di Gaza, tra cui l'operazione "Margine di protezione" nel 2014. L'unico passo da lui effettuato verso la conciliazione con i palestinesi fu la firma degli accordi di Wye River con Yasser Arafat, nel 1998.
Israel Defence Forces: la forza per respingere Hamas
L'Idf, noto anche come Tsahal, è la forza armata dello Stato di Israele. Fondata nel 1948 per difendere l'integrità territoriale della neonata nazione ebraica, l'odierno esercito di Tel Aviv ha fuso in sé le milizie paramilitari che avevano combattuto nella guerra di indipendenza, come Palmach, Haganah e Lehi. Ha partecipato a tutti i conflitti che hanno visto coinvolto lo Stato di Israele fin dalla sua fondazione.
I suoi tre rami (truppe di terra, marine e aeronautica) sono subordinati al capo di Stato maggiore generale, che riferisce direttamente al ministro della Difesa. Le forze sono composte principalmente da personale di leva, i cui effettivi possono rapidamente triplicarsi grazie alla mobilitazione dei riservisti. L'Idf, inoltre, è stato tra i primi eserciti al mondo a reclutare anche le donne. Ad oggi è considerato uno dei migliori al mondo, sia per la qualità dell'addestramento dei suoi soldati, sia per l'avanzata tecnologia di cui dispone.
Itamar Ben-Gvir: il nazionalista che infiamma la piazza
Figura di spicco dell'estrema destra israeliana, Itamar Ben-Giv è l'attuale ministro della Sicurezza nazionale di Tel-Aviv. L'avvocato 47enne è il leader del partito Potere ebraico dal 2019 e ha un passato nel gruppo Kach, organizzazione considerata terrorista anche nello Stato ebraico. Colono di Kiryat Arba, uno degli insediamenti più radicali della Cisgiordania, è stato condannato più volte per razzismo, distruzione di proprietà e incitamento all'odio.
Questo, però, non ha fermato la sua carriera politica. Tra le sue proposte che hanno suscitato più scalpore, vi è quella di espellere i cittadini palestinesi "sleali" ad Israele. Un'idea, questa, che secondo un sondaggio è accolta con favore da una buona parte dei suoi concittadini. Nel 2023, nel mezzo delle proteste e degli scontri all'interno dell'esecutivo per la controversa riforma della giustizia voluta da Netanyahu, è diventato un puntello essenziale per evitare la caduta del governo. In cambio, ha ottenuto la possibilità di creare una guardia nazionale alle sue dipendenze.
Ismail Haniyeh: la guida di Hamas
Tra i più giovani dei membri fondatori di Hamas nel 1988, l'attuale capo politico del gruppo terroristico si è formato all'ombra dello sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale del movimento, di cui è diventato segretario nel 1997. Cresciuto nel campo profughi di Al-Shati, Ismail Haniyeh è finito più volte nelle carceri israeliane per la sua partecipazione alla prima intifada e ad altre azioni dell'organizzazione. Protagonista dello scisma tra Hamas e il partito Fatah, ha guidato il primo governo autonomo della Striscia di Gaza.
Nel 2007, Abu Mazen gli affidò l'incarico di formare un esecutivo di unità nazionale, senza successo. Nove anni dopo, nel 2016, è tornato ai vertici dell'organizzazione succedendo a Khaled Meshaal come capo del dipartimento politico di Hamas. Si è spostato a Doha, dove risiede ancora oggi. Prima dell'attacco di sabato 7, è comparso l'ultima volta nel 2020, per denunciare l'accordi di pace siglato tra Israele ed Emirati Arabi Uniti.
Hezbollah e Iran: la galassia sciita intorno Israele
Teheran è nemica giurata di Israele. Fin dai tempi della rivoluzione islamica, gli ayatollah hanno definito l'Olocausto un "mito" e hanno giurato di spazzare via lo Stato ebraico "dalla faccia del pianeta". Per l'Iran, la nazione sulle rive del Mediterraneo è una vera e propria guarnigione degli Stati Uniti in Medio Oriente e una minaccia alle sue pretese di egemonia nella regione, nonché un occupante illegale di Gerusalemme. Per questo, ha convogliato notevoli risorse nel finanziamento di gruppi sciiti, primo tra tutti il movimento Hezbollah, per mantenere una presenza forte sui confini di Israele e sottoporlo a una costante minaccia.
Tel Aviv non è certo rimasta passiva: gli agenti del Mossad sono riusciti ad assassinare cinque importanti scienziati del programma nucleare iraniano e a colpire numerosi suoi siti strategici con dei cyberattacchi. L'operazione di Hamas, dunque, si inserisce all'interno di questo "gioco" di egemonia. Teheran non è storicamente vicina al movimento palestinese, ma lo ha aiutato per stessa ammissione dei miliziani.
Questa guerra, dunque, potrebbe essere un preludio ad una maggiore aggressività iraniana a sud del Libano, alimentata anche dalla possibilità che Tel Aviv e Riad possano arrivare, dietro la spinta degli Stati Uniti, ad una normalizzazione dei rapporti diplomatici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.