Tregua a Gaza, accordo più lontano: da Hamas niente lista degli ostaggi vivi, Israele non va al Cairo

I negoziatori dello Stato ebraico non tratteranno finché Hamas non consegnerà a Tel Aviv l'elenco dei prigionieri israeliani ancora in vita. Diniego di Hamas: "Nessuna informazione fino all'entrata in vigore del cessate il fuoco". L'appello del Papa: "Continuate i negoziati"

Tregua a Gaza, accordo più lontano: da Hamas niente lista degli ostaggi vivi, Israele non va al Cairo
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Sulle sponde del Nilo, la diplomazia tenta ancora una volta di arrestare il conflitto in Medio Oriente prima dell’inizio del Ramadan, il mese del digiuno dei musulmani. Domenica 3 marzo, delegazioni di Hamas, Qatar e Stati Uniti sono giunte al Cairo per riprendere i negoziati volti a raggiungere una tregua nella Striscia di Gaza, dopo quasi cinque mesi di conflitto. Israele, però, si è rifiutato di sedersi al tavolo della mediazione.

"Nessuna delegazione andrà fino a quando non riceveremo risposte da Hamas, che includano i nomi dei rapiti vivi che saranno rilasciati nell'accordo", hanno riferito fonti di Tel Aviv al quotidiano Yedioth Ahronoth, smentendo la notizia diffusa dai media arabi secondo cui i negoziatori dello Stato ebraico erano già arrivati nella capitale egiziana. Una richiesta, questa, che ha trovato la dura opposizione dell’organizzazione terroristica, non disposta a rilasciare informazioni sugli ostaggi fino a quando non sarà entrato in vigore “un cessate il fuoco completo e non sarà alleviata in modo significativo la sofferenza degli abitanti di Gaza”. Nel primo pomeriggio, Israele ha confermato che non manderà una sua delegazione, motivando la decisione con il rifiuto dei terroristi alla loro richiesta di avere un elenco dei prigionieri vivi. I media israeliani hanno parlato di "risposte parziali" da parte di Hamas e di un "clima di crisi" sulle trattative. "Finché non avremo riposte concrete, non ha senso inviare alcuna delegazione al Cairo", ha affermato una fonte politica citata dalla radio pubblica Kan.

Oggetto delle discussioni sarà la proposta formulata nel vertice di Parigi a fine gennaio, che prevede una tregua di sei settimane in cambio del rilascio di 42 israeliani prigionieri nella Striscia e di un numero ancora da definire di detenuti palestinesi chiusi nelle carceri ebraiche. Secondo gli Stati Uniti, “Israele ha più o meno accettato” l’accordo sul tavolo “e un cessate il fuoco potrebbe iniziare oggi a Gaza se Hamas accetta di rilasciare una categoria ben definita di ostaggi vulnerabili”. Da parte sua, il gruppo terroristico ha affermato che l’intesa potrebbe essere raggiunta entro 24 o 48 ore, se Tel Aviv acconsentirà alle sue richieste sul ritorno dei civili palestinesi sfollati nel nord della Striscia e sull’aumento degli aiuti umanitari.

Un’esortazione a raggiungere un accordo è arrivata anche da Papa Francesco che, dopo l’Angelus in piazza San Pietro, ha incoraggiato le parti a “continuare i negoziati per un immediato cessate il fuoco a Gaza e in tutta la regione, affinché gli ostaggi siano subito liberati e tornino dai loro cari che li aspettano e la popolazione civile possa avere accesso sicuro agli aiuti umanitari”. La strada verso la tregua, però, sembra ancora in salita.

Sia Israele, sia Hamas hanno preso le distanze dall’ottimismo manifestato mercoledì 28 febbraio dal presidente americano Joe Biden, secondo cui l’intesa sarà raggiunta entro lunedì 4 marzo. Nelle scorse settimane, inoltre, i terroristi hanno presentato diverse proposte di pace che Tel Aviv ha respinto senza discussioni, giudicandole “deliranti”.

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