"Tenute come schiave in una villa". L'incubo delle donne rapite da Hamas

Recluse in una villa di lusso, sono state costrette a servire i loro carnefici, preparando cibo che non potevano mangiare. Il racconto di Noa Argamani, liberata durante il blitz delle forze israeliane lo scorso 8 giugno

"Tenute come schiave in una villa". L'incubo delle donne rapite da Hamas
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Noa Argamani è stata liberata durante il blitz dell’8 giugno, dopo 246 giorni nelle mani dei terroristi di Hamas. Un incubo infinito, durante il quale ha potuto vedere il modo in cui le altre donne rapite il 7 ottobre sono state usate dall’organizzazione palestinese. Recluse in una villa di lusso, sono state costrette a servire i loro carnefici.

Noa ha detto che le donne in ostaggio erano schiave e che lo erano anche le soldatesse, inclusa Liri”, ha raccontato Shira, la madre di Liri Albag, una militare di 19 anni tutt’ora prigioniera nella Striscia. “Pulivano il cortile, lavavano i piatti e preparavano cibo che non potevano mangiare”. La donna ha affermato che sua figlia è stata tenuta nella villa e che le è stato permesso di fare la doccia solo dopo un mese di prigionia. Passati 40 giorni, Liri è stata spostata nella rete di tunnel sotterranei. “Lì è molto peggio, non c'è acqua dolce e poco cibo”, ha detto Shira, aggiungendo che gli ostaggi non hanno vestiti puliti e che non hanno modo di lavare o asciugare i loro indumenti, “nemmeno la biancheria intima”. “Non voglio immaginare cosa stiano passando ora”, ha concluso.

È probabile che, oltre a Liri, anche le altre donne siano state spostate nei tunnel o nelle case private di abitanti della Striscia a causa dell’offensiva israeliana, che in pochi mesi ha ripulito dalla presenza di Hamas ampie zone dell’exclave. Se fossero state lasciate nella villa, le Idf le avrebbero potute recuperare facilmente. Non è noto se la residenza di lusso sia stata utilizzata da membri di spicco dell’organizzazione.

La testimonianza di Noa Argamani ha aggiunto ulteriori dettagli ai racconti agghiaccianti emersi nel corso del conflitto. A gennaio, durante una seduta della Knesset, l’ex ostaggio Aviva Siegel aveva dichiarato che nei tunnel sotto Gaza le donne e gli uomini prigionieri dei terroristi subivano costanti violenze sessuali. “I terroristi portano vestiti inappropriati alle ragazze, le vestono come bambole”, aveva raccontato la 64enne rapita dal kibbuz di Kfar Aza assieme alla figlia Shir e al marito Keith. “Hanno trasformato le ragazze nelle loro bambole, con cui possono fare quello che vogliono”.

L’inferno che stanno vivendo i familiari degli ostaggi, dunque, viene dipinto a tinte più nitide man mano che i rapiti vengono salvati o rilasciati.

A tutto questo, si aggiunge anche il fatto che, secondo il New York Times, gli alti ufficiali di Hamas avrebbero ordinato ai loro sottoposti di uccidere i prigionieri qualora pensassero che le Idf stiano sopraggiungendo nel luogo in cui sono detenuti.

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