da Peschici (Foggia)
È quasi mezzogiorno: «il demonio meridiano», come avrebbe detto il poeta Giuseppe Ungaretti. Già, perché lafa è fortissima e la colonnina di mercurio supera i 42 gradi. Lincendio sta devastando ormai da alcune ore il Gargano e il forte vento di libeccio non vuole saperne di collaborare, non la smette di soffiare.
Lunità navale CP880 parte a mezzogiorno dalla sala operativa della Guardia costiera di Manfredonia. A bordo il primo maresciallo Michele Rizzi e il tenente Stefano Rotolo. Ancora non sanno che si troveranno a fronteggiare un disastro con 4.000 persone coinvolte. «Abbiamo soccorso centinaia di turisti in preda al panico - racconta Rizzi -. Mi è rimasta impressa una famiglia settentrionale in vacanza. Il capofamiglia di nome Luigi, di circa 60 anni, era preoccupato perché aveva lasciato il camper nel campeggio evacuato e non aveva con sé i medicinali per la sua cardiopatia. E poi cerano bimbi, adolescenti e una ragazza incinta».
I racconti sono mille. E tutti parlano di terrore. Di solidarietà. E rabbia per i ritardi nei soccorsi. «Abbiamo cominciato a vedere un fumo denso arrivare dalla parte alta della collina», rievoca Nicola, ospite degli appartamenti «Serena» nella baia di San Nicola di Peschici, una baia distrutta dalle fiamme, che «non esiste più», dice la titolare di un bar. Il racconto di Nicola è impressionante: «Sulle prime ci siamo preoccupati, perché lincendio era vicino, ma ci hanno detto che non era niente di grave, che non sarebbe successo nulla». Ma le rassicurazioni poco dopo vengono soffocate dalle fiamme: «Il fumo aumentava e rendeva irrespirabile laria. Io e mia moglie, con un bambino di un anno e mezzo, abbiamo cercato un varco attraverso il quale fuggire, ma non lo abbiamo trovato, non cera. E nemmeno i soccorsi. Disperati ci siamo nascosti in acqua, tra gli scogli e così ci siamo salvati».
Il rogo arriva a lambire il centro di Peschici, sporca di fuliggine le case bianche che offrono alloggio a centinaia di turisti. Dal centro del paese inizia una fuga disordinata, cè chi piange mentre lascia la casa che non sa se rivedrà. «Per strada eravamo in molti, spaventati e confusi - racconta Alessia, 20 anni - ci siamo diretti verso il mare senza capire cosa stesse accadendo». E i soccorsi? «Sono arrivati quando eravamo in salvo», racconta un turista trattenendo a stento la rabbia. E un altro, giovane, stringendo a sé la figlioletta che avrà quattro anni: «Quando è arrivato il primo gommone si è fermato a qualche metro dalla riva in mezzo allacqua, e pretendevano che noi li raggiungessimo, dicevano che avevano paura di bucare».
Cè una rabbia che toglie il fiato. E si capisce, dopo una giornata in cui si è rischiato di morire, si è dovuti correre tra la folla impazzita che cercava i propri cari, si è visto lauto o il camper bruciare. E nei prossimi giorni ci sarà tempo anche per le polemiche e per stabilire se ci sono responsabilità nei ritardi dei soccorsi. Di certo però cè stata anche la solidarietà. In tanti come Giuseppe, pescatore della zona, hanno messo a disposizione della Guardia costiera la propria imbarcazione. Il 35enne di Peschici sulla sua barca ha aiutato alcuni turisti a raggiungere via mare Vieste o addirittura Manfredonia. Altre sei imbarcazioni, spiega il comandante della Guardia costiera di Manfredonia, Antonio Raniero, sono state requisite per metterle a disposizione dei soccorsi. A 500 metri dalla riva di Vieste, infatti, è ormeggiato un catamarano con a bordo 400 persone e un'altra imbarcazione, a largo di Peschici, ne contiene 650. E finanche il traghetto che conduce i turisti alle isole Tremiti è stato messo a disposizione. A fine giornata il maresciallo Rizzi e il tenente Rotolo non si sono fermati un attimo, ma non si lamentano.
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