I comitati etici dopo quarant'anni di vita rischiano la riduzione: uno per provincia

Quaranta anni fa Umberto Veronesi e Giulio Maccacaro ebbero l'idea di costituire all'Istituto nazionale dei tumori di Milano un comitato di persone indipendenti per garantire che la ricerca di nuove cure fosse «per l'uomo e con l'uomo, mai sull'uomo». Nasceva così il primo comitato etico in Italia, e uno dei primi in Europa e nel mondo, cui molti ne sono seguiti con il compito di garantire ai malati di migliorare la loro salute. Nel 1973 le sperimentazioni valutate furono due, nel 1992 salirono a 36 e nel 2012 si è arrivati a 150. Oggi quest'organismo è divenuto il più importante in Italia per l'oncologia e complessivamente il quarto per numero di sperimentazioni valutate.
Tuttavia, il futuro di questa istituzione è incerto: secondo il decreto del ministero della salute sul riordino della sanità, infatti, è previsto che questi organismi siano drasticamente ridotti nel numero, scendendo a un massimo di uno per milione di abitanti e ciascuno con competenza su una o più province. Anche di questo si è discusso nel convegno «C'era una volta il comitato etico… il futuro a quarant'anni dal primo comitato etico d'Italia», che si è tenuto presso l'Istituto nazionale dei tumori. Sono intervenuti Roberto Satolli, presidente del Comitato etico dell'Istituto nazionale dei tumori, e Marco Pierotti, direttore scientifico.

Sottolinea Giuseppe De Leo, presidente dell'Istituto nazionale dei tumori: «Ricordare il primo comitato etico in Italia non è solo un riconoscimento della capacità dell'INT di essere spesso in anticipo con i tempi, ma anche un'occasione di confronto in un momento di affermazione dell'importanza del loro ruolo soprattutto considerando alcune decisioni improprie: terapie sperimentali non sottoposte ad una valutazione rigorosa».

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