Parte2 - Tfr, quanto è tassato
Al Tfr accumulato presso il datore di lavoro (o presso l’Inps per le aziende
con almeno 50 dipendenti) è applicata una tassazione determinata sulla base
delle aliquote e degli scaglioni d’imposta in vigore al momento della
cessazione del rapporto di lavoro subordinato. In linea generale, è tassato con
l’applicazione dell’aliquota media di tassazione del lavoratore, cioè con un
minimo attuale del 23% crescente in funzione del proprio reddito. L’imposta
dovuta viene calcolata provvisoriamente dal datore di lavoro sugli importi
accantonati ogni anno a titolo di Tfr, aumentati degli eventuali acconti e
anticipazioni già erogate al dipendente e al netto delle rivalutazioni
assoggettate a imposta sostitutiva. La liquidazione definitiva dell’imposta
viene effettuata dagli Uffici finanziari in base all’aliquota media di
tassazione dei redditi del dipendente nei cinque anni precedenti a quello in
cui è maturato il diritto alla percezione del Tfr. Tradotto l’aliquota minima
marginale del 23% in molti casi raggiunge anche livelli medi del 28-33%, in
relazione all’ammontare del Tfr accumulato presso l’azienda e del livello del
reddito percepito nei cinque anni precedenti la liquidazione della prestazione,
utilizzato come base per determinare eventuali conguagli fiscali.
I vantaggi del Fondo
Le prestazioni pensionistiche (che possono essere erogate in unica soluzione o
come rendita vitalizia) corrisposte da una forma previdenziale complementare
sono assoggettate a una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Si può arrivare
però a un trattamento più favorevole attraverso una riduzione pari a 0,30% per
ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme
pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti
percentuali. Insomma un lavoratore che dovesse destinare almeno per 35 anni il
proprio Tfr a un fondo pensione vedrebbe al momento della quiescenza una
prestazione tassata al 9 per cento (15% meno 0,30% per i 20 anni eccedenti il
15°).
Chi vince
Il regime fiscale applicato alla previdenza complementare risulta dunque molto
conveniente e incentivante se esaminato in relazione a quello applicato al
regime del Tfr. Infatti ipotizzando un permanenza di 35 anni in una forma
previdenziale si otterrebbe una tassazione a scadenza delle prestazioni del 9%,
contro il 23% minimo a parità di condizioni dello stesso Tfr lasciato in
azienda.
È logico pensare che dopo 35 anni di contribuzione, il lavoratore abbia accantonato in azienda un importo di Tfr che ecceda i 15mila euro di reddito massimo previsto per l’applicazione dell’aliquota marginale più bassa del 23% (e probabilmente anche superiore ai 28mila euro con aliquota al 38%), rendendo, di conseguenza, ancora più vantaggiosa l’adesione a una forma previdenziale integrativa. Le simulazioni - 5 anni / 15 anni / 35 anni - quantificano l’importo di tale vantaggio.
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