Ictus:una campagna di prevenzione nelle città italiane

Ignazio Mormino

Duecentomila casi, settantamila morti. È questo il pauroso bilancio italiano (annuale) dell’ictus cerebrale, una patologia in costante ascesa, che assai raramente «risparmia» coloro che ne sono colpiti: accanto ai morti, infatti, bisogna ricordare coloro (centomila l’anno) cui l’ictus procura un’invalidità permanente.
Per questo, è stata realizzata una campagna di prevenzione chiamata «Life for life» che attraversa l’Italia effettuando visite gratuite e fornendo tutte le informazioni necessarie riguardanti i fattori di rischio. Questa campagna porterà un tir pieno di specialisti e di strumentazioni diagnostiche da Saint Vincent a Messina, nei mesi di maggio, giugno e luglio (per informazioni più precise consultare il numero verde 800-910134 tutti i giorni).
L’importante iniziativa, realizzata con il contributo di Merek Sharpe e Dohme Italia, è stata presentata a Roma da un board di clinici e di cardiologi di grande notorietà, i quali hanno fatto rilevare che - malgrado la sua grande pericolosità - l’ictus è ancora sottovalutato. Le campagne d’informazione e di prevenzione non partono infatti dalle autorità statali ma dai cardiologi,e dai clinici medici.
Il killer numero uno è certamente l’ipertensione arteriosa. Il professor Giuseppe Mancia - noto a livello mondiale per i suoi studi su questa patologia - ha ricordato che basta riportare la pressione alla normalità (e con questa parola Mancia, severo più dei suoi colleghi, intende 80 di minima e 130 di massima) per ridurre del quaranta per cento il rischio di ictus. Accanto a questa speranza, la conferma che due ictus su tre colpiscono gli ipertesi.
Per completare il suo attacco alla cosiddetta «inerzia clinica», il maestro ha ricordato che il medico di famiglia è poco incline alla fermezza, quando si tratta di seguire un iperteso. Autorevoli statistiche, ha detto, ci garantiscono che in Italia l’ipertensione viene curata con rigore solo in venti casi su cento; negli altri ottanta, l’iperteso interrompe la terapia e il medico curante non lo controlla.
Sulla stessa linea il professor Massimo Volpe, cattedratico nell’Università di Roma, che viene dalla grande scuola di Luigi Condorelli. Dopo aver ricordato che l’ictus rappresenta nel mondo la prima causa di invalidità permanente e la terza causa di morte («non è una patologia, è una catastrofe!») ha esortato i medici di famiglia a non assecondare i loro pazienti, ai quali invece devono trasmettere piena consapevolezza dei rischi. Tale consapevolezza, ha concluso, resta purtroppo molto bassa. Anche per questo, la campagna «Life for life» quest’anno coinvolgerà - assieme ai potenziali pazienti - almeno duemila medici di famiglia.
Gli altri relatori, i professori Ambrosioni, Trimarco, Leonetti e il presidente della Società italiana dell’ipertensione Enrico Agabiti Rosei, hanno voluto ricordare che prevenzione significa anche risparmio: di denaro, di sofferenze, di penose invalidità. Ma non basta affermarlo. Bisogna persuadere il mondo politico che investire nella lotta all’ipertensione significa evitare tanti ricoveri ospedalieri e tanti lutti. Anche in quest’occasione è stato citato lo studio «Life» condotto su diecimila pazienti del Nord Europa e degli Stati Uniti d’America.

Questo studio, pubblicato su Lancet ha accertato che un principio attivo chiamato losartan riusciva a ridurre del 25 per cento il rischio di ictus cerebrale ed a «correggere» ogni altro danno cardiocircolatorio. Secondo il professor Volpe, studi recenti condotti anche in Italia hanno confermato questi risultati.

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