Un imam a disposizione dei minori stranieri detenuti al carcere Beccaria. Una figura religiosa che parli al loro cuore con la loro lingua, che li aiuti a recuperare un comune codice etico evidentemente smarrito. È una proposta forte quella che avanza don Claudio Burgio, il cappellano dell'istituto minorile ma ritenuta utile anche dal garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Milano, Francesco Maisto. Una proposta non prevista peraltro dal regolamento degli istituti minorili ma che si inserisce proprio all'interno di quel «dialogo interreligioso portato avanti dalla diocesi» e sui ha posto l'accento ormai più volte anche il papa. «Non è facile individuare la persona e non è certo la soluzione ai tanti problemi del Beccaria, ma credo che potrebbe essere un contributo diverso e importante», spiega don Burgio. Che ha già fatto dei passi avanti in questa direzione. «Sto verificando con la Diocesi la possibilità di individuare figure che possano ricoprire questo ruolo». Da anni ci sono persone, spiega con cui c'è una collaborazione. Ovviamente, sottolinea, «ci vogliono figure comprovate, non deve essere ingenuo questo accompagnamento spirituale» per escludere «pericolose derive di radicalizzazione». «Ci vogliono figure molto conosciute. L'islam sono tanti islam. E non tutti vengono accettati da tutti. Vanno ricercate persone che appartengono alla loro storia e cultura, che possano essere recepite bene per una rielaborazione di senso anche nella loro lingua, a partire dal Corano». Quello che è importante per don Burgio è che per i minori stranieri del Beccaria, senza legami e senza famiglia, sarebbe necessario «ritrovare anche le loro radici religiose, etiche, quella vita interiore dove non può arrivare un prete cattolico». Ecco perchè una collaborazione con un imam. «Io riesco a incidere con i ragazzi, perché ho una comunità e non vedono l'ora di venire da me. Ho un dialogo molto aperto con lor». Ma come succede anche in Occidente «anche per i giovani musulmani un tempo più radicati nel loro credo, l'aspetto religioso è diventato più formale, e se c'è da trasgredire non c'è problema. Andrebbe rivisitato, con una voce autorevole capace di pacificare il cuore di questi ragazzi e aiutarli a trovare un senso». Perché alla fine «quello che attraversa i ragazzi del Beccaria è un vuoto di senso, che è la causa di questo malessere. In un dialogo nuovo andrebbe ritrovato il modo di guardare alle prospettive di futuro che vogliono immaginare». Loro, spiega don Burgio, dicono che sono qui perché «cercano lavoro per aiutare le famiglie di origine. Per i ragazzi che abbiamo seguito era davvero così e alcuni hanno trasformato la loro vita. Ma c'è quest'ultima ondata di minori, egiziani soprattutto, che ho la sensazione vengano gestiti da un'organizzazione criminale internazionale. È solo un'ipotesi, non ho indizi per dire che sia davvero cosi.
Ma sono ragazzi troppo informati, sanno dove andare, come muoversi, in Francia, in Spagna, sanno dove approdare. Ho sensazione che ci possa essere una rete gestita da persone più grandi di loro, a livello europeo che li spinge a commettere reati e ottenere guadagni».
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