La città curi i suoi figli più deboli, e li premi se sono irreprensibili. Nel suo nono discorso alla città per le celebrazioni patronali di Sant’Ambrogio l’arcivescovo Dionigi Tettamanzi rinnova il suo appello alle istituzioni pubbliche: «Compito di chi amministra la città - ha detto ieri nel corso dell’omelia pronunciata nella basilica di Sant’Ambrogio - è di amarla e servirla: integralmente, senza discriminarne una parte», con «predilezione» per il «figlio debole». Immigrati clandestini, carcerati. Categorie a suo giudizio ritenute a torto «irrecuperabili». Così come i nomadi («spesso ci si accanisce impedendo l’integrazione»).
Il tema degli immigrati è centrale. Si riferisce al caso di Brembate, il cardinale, quando esprime «dolore, sgomento, preghiera e commozione le vittime della violenze, e per i loro familiari», e invita a «non affibbiare a tutti gli immigrati la patente di delinquenti». Poi usa anche un accento nuovo e severo. E se in relazione al fenomeno della clandestinità conferma l’invito a lavorare per l’integrazione, per allontanare la tentazione e «le scorciatoie della delinquenza», il suo appello è ambivalente: «Pretendiamo per loro leggi giuste, riconosciamo i diritti di cui sono portatori», ma «premiamo il desiderio di diventare italiani in chi ha un comportamento irreprensibile e rispettoso della società». E il sindaco Letizia Moratti coglie l’appello: «L’arcivescovo ha fatto riferimento a diritti e doveri: penso che questo sia sempre il quadro in cui collocare le sue parole».
È sulla parabola del seminatore che il cardinale costruisce il duo discorso. La semina sul terreno buono, sui rovi, sulla roccia e sulla strada. Il seminatore della parabola evangelica non è «uno sprovveduto» - ricorda - semina ovunque perché non dà per perso alcun terreno. Sul terreno fertile - la Milano che funziona, e che deve condividere la sua fortuna - ma anche sui rovi: la Milano che è soffocata dalla difficoltà della crisi economica, della malattia, e della disoccupazione. L’appello qui è agli amministratori, affinché aiutino chi «sa aiutare» e allo stesso terzo settore (diventi «più impresa»). Critico l’accenno al 5 per mille («la distorsione di uno strumento intelligente»). Il seminatore di Tettamanzi infine semina sulla strada, il terreno in cui apparentemente non può crescere nulla, e qui si apre il tema dell’immigrazione, del carcere, del nomadismo.
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