nostro inviato a Istanbul
Vive da 36 anni in Turchia, da 4 è il vicario apostolico di Istanbul. Nessuno meglio di lui conosce i problemi delle comunità cattoliche dellex capitale ottomana; pochi come lui hanno seguito i tormentati preparativi della visita del Papa. Ci riceve nella sede del vicariato, in via Papa Roncalli, dove il Pontefice pernotterà mercoledì e giovedì. E dove il tempo sembra essersi fermato: vi si respira ancora lambiente delle parrocchie italiane di provincia degli anni Sessanta. Tutto è retrò: il portone, il mobilio, la scalinata che conduce agli alloggi, il pendolo alla parete del soggiorno. Anche il vescovo, il francese Louis Pelâtre, lo è, ma non è certo unannotazione negativa, per il garbo e la saggezza con cui ricopre il suo ruolo.
Monsignor Pelâtre, è preoccupato per la visita di Benedetto XVI?
«No, sono molto fiducioso. Le proteste di piazza e gli episodi di intimidazione sono opera di fondamentalisti, che non rispecchiano lanimo della Turchia profonda. I musulmani qui tradizionalmente non sono fanatici. Lestremismo è stato importato da Paesi come lIran e lArabia Saudita e continua a essere minoritario».
Latteggiamento del governo, che è dichiaratamente islamico, però è sembrato ondivago, se non reticente
«Il problema è che nel Partito Giustizia e Libertà esistono tre correnti, di centro, di destra e di sinistra, che con lavvicinarsi delle elezioni continuano a strattonare il premier Erdogan. Io sono convinto che se il viaggio fosse avvenuto lontano dalla scadenza elettorale non ci sarebbero stati questi problemi».
Ma qual è latteggiamento del Partito islamico verso i cristiani?
«Molto amichevole e comprensivo, sin da quando nel 1994 lo stesso Erdogan divenne sindaco di Istanbul. Le dirò di più: i rapporti con la città diventarono molto più facili rispetto al suo predecessore, che era una nazionalista e che ci ignorava».
Anche oggi sono distesi?
«Certo, nel periodo di Ramadan lattuale sindaco Kadir Topbas invita con tutti gli onori i leader delle altre religioni, compresi gli ortodossi e il rabbino capo a rompere il digiuno con lui».
Eppure diversi cristiani che vivono in Turchia si dicono preoccupati. Come lo spiega?
«Chi vive qui da tempo non lo è più. Quando Erdogan fu eletto alla guida della città, i cattolici di Istanbul erano molto spaventati. Ancor di più quando divenne primo ministro. Dicevano: finora hanno recitato il ruolo dei buoni, ma ora che hanno preso il potere ce la faranno pagare
In realtà in quattro anni non è successo nulla. In occasione delle nostre Feste religiose il Municipio di Istanbul fa un dono a tutti i cattolici; ad esempio a Pasqua offrendo delle uova. E il dialogo è sempre molto costruttivo».
Lomicidio di Don Santoro però è un pessimo segnale
«È stata una vicenda molto tragica, ma avvenuta in una zona periferica e pericolosa della Turchia, e ancora oggi non del tutto chiarita. Comunque è stato il primo e unico omicidio di un prete in decenni».
Dunque qual è il vero significato di questa visita?
«I media continuano a parlare di Islam, ma il viaggio è stato voluto da Benedetto XVI con una chiara intenzione ecumenica.
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