Egitto, Tunisia e Russia sono i mercati più competitivi per costi di produzione, con un indice pari rispettivamente a 27,4; 42,6 e 44,5 (posta pari a cento la media dei Paesi). Questi i risultati di studio Assocamerestero-Unioncamere, che analizza la capacità competitiva dei 48 Paesi esteri in cui operano le Camere di commercio italiane, in base al costo dei fattori produttivi «chiave«: lavoro ed energia.
Il Brasile mostra un indice di poco superiore alla media (pari a 101,4) mentre il dato sorprendente riguarda i Paesi ad economia avanzata, tra cui primeggiano gli Stati Uniti con un indice pari a solo 87,3. Tassazione favorevole, una divisa nazionale più debole rispetto alle altre valute principali e un'attenta politica estera di approvvigionamento delle materie prime sono i fattori vincenti della performance americana.
Analizzando il solo costo complessivo del lavoro, i Paesi che consentono il risparmio più consistente sono quelli in via di sviluppo del Sud America, come il Nicaragua (8,4) e l'Argentina (19,3), capaci di attrarre le multinazionali che concentrano nell'economicità della forza lavoro la propria capacità produttiva. Emblematico è il caso della Cina, che, con un valore pari a 19,4, occupa la terza posizione e risulta essere il principale catalizzatore di investimenti soprattutto per quel che riguarda le attività dell'industria manifatturiera.
Altro fattore importante per un'impresa è il costo dell'energia, il cui impatto appare ridotto in Nord Africa e Sud America, con picchi particolarmente bassi in Egitto (32), Tunisia (49,9), Venezuela (34,9) e Argentina (62). Mostrano costi abbastanza contenuti anche Stati Uniti (50,8), e Russia (45,7). Quest'ultima deve l'elevata competitività dei costi dei prodotti energetici alla presenza di numerosi giacimenti petroliferi e di materie prime ad uso energetico.
«Come questo studio dimostra, le Camere di Commercio Italiane all'Estero, grazie alla loro natura di associazioni imprenditoriali binazionali e all'inserimento all'interno delle business communities locali, hanno acquisito una capacità di lettura dei mercati che consente loro di individuare le realtà che offrono maggiori vantaggi competitivi e in cui risulta più conveniente collocarsi. - afferma Augusto Strianese, presidente di Assocamerestero - Con la loro attività di promozione e assistenza, le Ccie favoriscono infatti il posizionamento delle produzioni made in Italy in quei territori che permettono al nostro sistema imprenditoriale di migliorare la qualità o l'economicità della propria offerta».
«Per essere competitivi sui mercati mondiali, occorre puntare non solo sulle tradizionali modalità di internazionalizzazione, bensì strutturare l'attività all'estero attraverso accordi di partenariato per lo scambio di beni ma soprattutto di conoscenze, e l'inserimento in reti di imprese internazionali che permettano di ottimizzare le risorse investite nei processi produttivi», sottolinea Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere.
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