«Qui comincia l'arte moderna», spiega la mostra al Vittoriano di 170 opere degli impressionisti, da Corot a Monet. «Qui», vuol dire i porti e le ferrovie osservati da Guillaumin, le campagne sognanti di Pissarro, il lavoro sulla Senna studiato da Sisley, l'emozione dei villaggi innevati di Monet, delle sue celebri marine filtrate dalla luce, dei prati fioriti di papaveri che colgono l'attimo di un alito di vento, delle sue sempre diverse ninfee, sospese in un'acqua metafisica.
Protagonista di quest'esposizione, aperta al pubblico da sabato 6 marzo al 29 giugno, è la «Sinfonia della natura».
Una natura molto diversa da quella dei paesaggi classici, immobili e ben definiti, come quello dell'imponente tela di Harpignies, «Vista dell'Isola di Capri», che apre la mostra proprio a sottolineare l'ottica diversa dei pittori francesi che, ad un certo punto dell'800, impressero all'arte una svolta che la rivoluzionò.
Sono artisti che s'immergono nella foresta di Fontainebleau, che escono dagli atelier per cogliere «en plein-air» gli effetti transitori della luce e dell'atmosfera, che nella scuola di Barbizon cercano di riprodurre paesaggi in ogni attimo diversi, che in giardini privati, come quello di Monet a Giverny, provano a creare una dimensione ideale da riprodurre sulla tela.
L'impressionismo, così sfruttato e amato nel mondo, offre sempre nuovi spazi da scoprire e in questa mostra si punta sull'aspetto «ecologico» dell'avanguardia francese. Gli impressionisti dipingono la natura come terra e mare, prati, campagne, fiumi, scogliere, alberi e fiori, ma ogni tanto si affacciano le tracce dell'uomo e della società, gli effetti della modernità sull'ambiente. Tutto, con uno stile assolutamente nuovo.
La mostra, realizzata da «Comunicare Organizzando» di Alessandro Nicosia, è stata curata da John House e Stephen Eisenman, che hanno selezionato le opere per illustrare proprio questo aspetto cruciale della pittura francese dell'800: il suo rapporto con il paesaggio.
«Nel mondo d'oggi stiamo vivendo - dice Eisenman, alla presentazione alla stampa- una crisi ambientale, ma ne possiamo trovare traccia anche nell'epoca degli impressionisti. Infatti, a partire dal 1860 si è cominciato a pensare alla terra come ad un elemento complesso ma unitario. Si parlava già di ecologia e la responsabilità di artisti e scienziati stava nel rappresentare tutto questo elemento come un'unità. Tutte le parti dell'ambiente, che fossero in armonia o in conflitto, dovevano essere rappresentate come un'unità. Gli impressionisti hanno cercato di rappresentare le diverse parti della terra, la natura, la società, gli effetti della modernità, le tracce dell'uomo, con uno stile nuovo che cogliesse l'unità».
Nella prima metà del XIX secolo, spiega House, si assiste a grandi cambiamenti e il paesaggismo entra nel dibattito culturale. L'industrializzazione e l'avvio del turismo cambiano il modo di percepire il rapporto tra uomo e natura, anche se artisti come Rousseau continuano a evocare campagne e foreste senza presenze umane. L'impressionismo però è modernità, punta lo sguardo ad un'economia della natura che è pura ecologia, ad un rapporto armonioso tra tutte le componenti, anche quelle sociali e contraddittorie.
Al museo del Vittoriano sono esposte 170 opere, di cui 70 dipinti e le altre acqueforti e fotografie,provenienti da musei, gallerie e raccolte internazionali.«È la primissima mostra che indaga il rapporto tra gli impressionisti e la natura - dice Nicosia - Quaranta musei prestatori, dal Marmottan di Parigi al Art Institute di Chicago, ci hanno consentito di costruire un percorso profondamente scientifico».
Il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, sottolinea che non si tratta dell'ennesima mostra sull'impressionismo, ma di una raccolta «legata ad un concetto che ci è molto caro, che per legge dobbiamo tutelare, ossia il patrimonio paesaggistico».
«L'impressionismo- spiega l'assessore alla Cultura del Comune, Umberto Croppi- è il movimento più esplorato e presente ai nostri occhi, ma la mostra coglie un taglio tematico specifico nuovo, ossia la natura. Questo movimento registra l'immersione totale nella natura che non è più avvertita come nemica ma una dimensione dove abbandonarsi totalmente».
L'esposizione nelle sale del Vittoriano si chiude con 4 magnifiche tele delle ninfee di Monet, dipinte in epoche differenti e testimoni di un'evoluzione del suo spirito verso una crisi, un esaurimento nervoso che lo ha portato «a voltare le spalle alla modernità - dice Eisenmann- e a rifugiarsi nella sua casa a Giverny, quasi un rifugio ideale in cui è possibile l'unione utopistica con la natura».
Una mostra è appena partita e al Vittoriano già un'altra se ne annuncia. Ad ottobre, dice Nicosia, la scena sarà del grande Vincent Van Gogh.
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