Quali sono gli aspetti che rendono simili i giovani visionari del business tricolore? Ognuno ha la sua storia e generalizzare è sempre un rischio. Ma le somiglianze ci sono. Eccone alcune.
Precocità. Tutti o quasi hanno lanciato i primi progetti quand'erano adolescenti. Grazioli (fondatore di Vedrai; vedi l'altro articolo in pagina) ha creato un algoritmo a 13 anni. Pinto (Futura) di anni ne aveva 14 quando ha dato vita alla prima attività nel campo dei droni. Caputo ha creato la piattaforma musicale Miutfin a 19 anni.
Studi. I creatori d'impresa sono perlopiù ingegneri ed economisti. Vincono insomma le discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) ed Economia. I più lamentano nella scuola un eccesso di teoria. «Ho sempre sofferto per la mancanza di riscontri pratici così come sentivo il limite di non potermi esprimere in modo personale». (Grazioli). Pinto confessa di aver fatto il liceo scientifico «senza particolari stimoli, con 70 alla maturità. Ero uno studente annoiato, anche se andavo molto bene in matematica e fisica. Ho sempre amato la parte pratica di ogni disciplina, per questo mi sono trovato a mio agio con il corso in Digital Management in H-Farm, e mi sonoi laureato con la Lode».
Apertura. Ad animare questi giovani è uno spirito comunitario, meno accentratore rispetto a quello dei padri. Lo esemplifica COVmatic, emblema di un approccio «open» open source e open innovation. In pieno lockdown, un gruppo di giovani professionisti ha brevettato un laboratorio per processare velocemente tamponi (COVmatic appunto). Oggi il laboratorio è diventato un punto di riferimento per la biologia molecolare in Lombardia e gioca un ruolo fondamentale - in collaborazione con il Mario Negri - per il sequenziamento e analisi delle nuove varianti. A creare e guidare la squadra è stato il trentenne Alberto Cammarota, consulente al Boston Consulting Group, fra le tre maggiori multinazionali nel settore a livello internazionale.
Inclusione. «Gli imprenditori della mia generazione - spiega Grazioli - sono più attenti ai temi sociali e all'inclusività rispetto alle generazioni precedenti: in Vedrai, per dire, siamo tutti azionisti. Anche i cosiddetti capi si sporcano le mani, entrano in trincea. L'abbattimento delle gerarchie forse non sempre è un bene perché può capitare che l'ambiente si faccia troppo informale e si finisca per perdere in focalizzazione. Però questa è la realtà di oggi».
Fame. «Noi venti-trentenni - osserva Luca D'Alessandro, fondatore di Phononic Vibes - siamo accomunati dall'esser cresciuti in un'atmosfera di crisi sociale, economica, politica ed ora sanitaria.
Come i nostri nonni, che sono espatriati e poi tornati a costruire l'Italia, anche noi 30enni - pur con molti più agi, sia chiaro - siamo mossi dalla stessa fame muovendoci in un contesto che richiede soprattutto di darsi da fare».
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