Roberto Scafuri
da Roma
Ma insomma Casini è un arbitro fazioso come Moreno, o il capo di un partito cui offrire la desistenza elettorale nel 2006? Il presidente della Camera è lo spregiudicato «regista di un colpo di mano», oppure lultima speranza per far saltare la «legge truffa»? Esistono forse due Udc o una sola, ma double face come Giano bifronte? Volano strani parallelismi e sintrecciano curiose trame, attorno alle ultime parole in libertà della legislatura. Persino «proposte indecenti» da parte dellUnione. E così scoppiano allunisono, complice qualche machiavellica tentazione nascosta, polemiche allapparenza inverosimili. LUnione che attacca vigorosamente Casini per il rispetto del regolamento della Camera e importanti esponenti della stessa Unione rincorrere la chimera di un aggancio dellUdc per sostituire in corsa Bertinotti e lala sinistra dello schieramento. LUdc non ci casca, e se Casini dichiara che «le intimidazioni mi lasciano indifferente», Follini smentisce recisamente: «La desistenza con il centrosinistra è un argomento che non esiste, siamo una forza autonoma e non a sovranità limitata».
Due facce della stessa medaglia: tutte le pressioni e le tensioni si scaricano sullanello più debole e centrale tra i due schieramenti. Parte dellUnione ha tutto linteresse a «smascherare» la pattuglia di Follini e ri-sospingerla verso il suo alleato naturale. Questa è anche la motivazione che ieri circolava dalle parti di via Nazionale, sede Ds, a proposito dellinnaturale appello allUdc per far fallire la legge elettorale in cambio di un accordo di «desistenza» alle Politiche.
Lanciata e ribadita dal coordinatore Chiti, sia pure come «valutazione personale, senza alcun suggeritore», lidea si faceva strada. Conciliante e per nulla intimorito, Fausto Bertinotti, il «desistente» del 1996, non chiudeva la porta: «Mi pare francamente prematuro parlarne e anche un po fuorviante. Prima bisogna far cadere il governo, il resto, se maturerà, maturerà con il tempo». Rivendicando la primogenitura dellidea, qualche settimana fa, Franco Marini spalancava le finestre: «Se lUdc facesse un grande gesto politico, noi dovremmo rispondere con un forte gesto politico, senza tirare in ballo trasformismi...». Di concerto Castagnetti, pronto a «disponibilità esplicite» dellUnione nei confronti dellUdc.
Di fronte alle sirene di Quercia e Margherita, dopo aspra discussione al vertice unionista, il leader Prodi gelava certi pelosi entusiasmi. Appello allUdc per un accordo di desistenza? «Non cè nessun appello di nessun tipo, ci appelliamo solo al Paese perché capisca il sopruso che si sta tentando di fare...». Il più interessato, lex gemello casiniano Clemente Mastella, tirava un sospiro di sollievo e profondeva saggezza: «Ma ragazzi, non scherziamo... Prima fai la polemica con Casini perché non è garante e poi gli offri la desistenza? La politica è unaltra cosa...». In effetti, nelle medesime ore, la politica rivoltava in bastone le carote offerte allUdc. Un attacco alla presidenza della Camera, con Prodi preoccupato per «arbitri che parteggiano per uno dei giocatori». DAlema parlava di Casini «regista di iniziative gravi e laceranti» e preoccupato a sua volta per lo «scardinamento del sistema bipolare sulla base di due disegni politici diversi, uno tendente a difendere la Cdl, laltro che mira a disgregarlo». Di Pietro paragonava Casini allarbitro Byron Moreno, Castagnetti ne rilevava lincapacità a «gestire la funzione di arbitro, giocando due parti in commedia».
Un gioco che non sorprendeva il premier: «Gli attacchi dellUnione a Casini? Io li subisco da 12 anni...». Mentre lazzurro Cicchitto parlava di «attacchi intimidatori» e «modi inaccettabili di fare politica». Il viceministro Urso (An) di «attacco immorale». Faceva scudo lUdc, Follini in testa, tanto per smentire dissapori con l«alter ego» di Montecitorio. «Unaggressione straordinariamente ingiusta», diceva.
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