Insulti dopo 4 anni di lodi Pier Ferdinando finisce nel tritacarne della sinistra

Roberto Scafuri

da Roma

Ma insomma Casini è un arbitro fazioso come Moreno, o il capo di un partito cui offrire la desistenza elettorale nel 2006? Il presidente della Camera è lo spregiudicato «regista di un colpo di mano», oppure l’ultima speranza per far saltare la «legge truffa»? Esistono forse due Udc o una sola, ma double face come Giano bifronte? Volano strani parallelismi e s’intrecciano curiose trame, attorno alle ultime parole in libertà della legislatura. Persino «proposte indecenti» da parte dell’Unione. E così scoppiano all’unisono, complice qualche machiavellica tentazione nascosta, polemiche all’apparenza inverosimili. L’Unione che attacca vigorosamente Casini per il rispetto del regolamento della Camera e importanti esponenti della stessa Unione rincorrere la chimera di un aggancio dell’Udc per sostituire in corsa Bertinotti e l’ala sinistra dello schieramento. L’Udc non ci casca, e se Casini dichiara che «le intimidazioni mi lasciano indifferente», Follini smentisce recisamente: «La desistenza con il centrosinistra è un argomento che non esiste, siamo una forza autonoma e non a sovranità limitata».
Due facce della stessa medaglia: tutte le pressioni e le tensioni si scaricano sull’anello più debole e centrale tra i due schieramenti. Parte dell’Unione ha tutto l’interesse a «smascherare» la pattuglia di Follini e ri-sospingerla verso il suo alleato naturale. Questa è anche la motivazione che ieri circolava dalle parti di via Nazionale, sede Ds, a proposito dell’innaturale appello all’Udc per far fallire la legge elettorale in cambio di un accordo di «desistenza» alle Politiche.
Lanciata e ribadita dal coordinatore Chiti, sia pure come «valutazione personale, senza alcun suggeritore», l’idea si faceva strada. Conciliante e per nulla intimorito, Fausto Bertinotti, il «desistente» del 1996, non chiudeva la porta: «Mi pare francamente prematuro parlarne e anche un po’ fuorviante. Prima bisogna far cadere il governo, il resto, se maturerà, maturerà con il tempo». Rivendicando la primogenitura dell’idea, qualche settimana fa, Franco Marini spalancava le finestre: «Se l’Udc facesse un grande gesto politico, noi dovremmo rispondere con un forte gesto politico, senza tirare in ballo trasformismi...». Di concerto Castagnetti, pronto a «disponibilità esplicite» dell’Unione nei confronti dell’Udc.
Di fronte alle sirene di Quercia e Margherita, dopo aspra discussione al vertice unionista, il leader Prodi gelava certi pelosi entusiasmi. Appello all’Udc per un accordo di desistenza? «Non c’è nessun appello di nessun tipo, ci appelliamo solo al Paese perché capisca il sopruso che si sta tentando di fare...». Il più interessato, l’ex gemello casiniano Clemente Mastella, tirava un sospiro di sollievo e profondeva saggezza: «Ma ragazzi, non scherziamo... Prima fai la polemica con Casini perché non è garante e poi gli offri la desistenza? La politica è un’altra cosa...». In effetti, nelle medesime ore, la politica rivoltava in bastone le carote offerte all’Udc. Un attacco alla presidenza della Camera, con Prodi preoccupato per «arbitri che parteggiano per uno dei giocatori». D’Alema parlava di Casini «regista di iniziative gravi e laceranti» e preoccupato a sua volta per lo «scardinamento del sistema bipolare sulla base di due disegni politici diversi, uno tendente a difendere la Cdl, l’altro che mira a disgregarlo». Di Pietro paragonava Casini all’arbitro Byron Moreno, Castagnetti ne rilevava l’incapacità a «gestire la funzione di arbitro, giocando due parti in commedia».
Un gioco che non sorprendeva il premier: «Gli attacchi dell’Unione a Casini? Io li subisco da 12 anni...». Mentre l’azzurro Cicchitto parlava di «attacchi intimidatori» e «modi inaccettabili di fare politica». Il viceministro Urso (An) di «attacco immorale». Faceva scudo l’Udc, Follini in testa, tanto per smentire dissapori con l’«alter ego» di Montecitorio. «Un’aggressione straordinariamente ingiusta», diceva.

E Buttiglione rilevava come gli attacchi rivolti a un «imparziale» come Casini smascherino la natura «provocatoria» dell’offerta di desistenza: «Le nostre battaglie sono per rendere vincente la Cdl, non per abbandonarla e spianare la via al successo di Prodi». Un sospetto «così offensivo va respinto al mittente con sdegno». Due piccioni con una fava. Ma se l’Unione mirava solo a sapere in che squadra gioca Follini, è servita.

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