INSULTI PROGRAMMATICI

Questa campagna elettorale, che ha registrato una sistematica violenza verbale da parte della sinistra unita a un uso troppo disinvolto della disinformazione, ha anche visto l’impegno di parecchi psicopolitologi, guitti ed esperti in varia disumanità (dottori in caimani) che si sono divertiti a descrivere il capo del centrodestra, cioè Silvio Berlusconi, come un soggetto anomalo, forse perché per l’establishment consolidato e anchilosato è un pericolo. Gli hanno messo in testa lo scolapasta e la feluca di Napoleone, gli esperti di psicopolitica hanno sentenziato che era «disperato».
Nonostante queste false e interessate diagnosi, il Cavaliere fa politica con la serietà di uno statista e pone le domande che caratterizzano un politico serio, prime fra tutte le questioni che si riferiscono ai problemi fiscali. Ma c’è qualcun altro che perde il controllo dei nervi e dà segni di grave sofferenza politica: è Romano Prodi, che posto di fronte alle contraddizioni e alle lacerazioni della sua coalizione, inchiodato ai balbettamenti del suo pittoresco schieramento, perde il controllo dei nervi e spara frasi che distruggono la sua immagine (falsa) costruita sulla bonomia e sul desiderio di dialogo. Prodi è un livoroso e non smette mai l’elmetto, nemmeno quando porta il casco da ciclista.
Ieri mattina gli sono saltati i nervi quando, durante una trasmissione radiofonica incentrata sul colloquio con gli ascoltatori, ha dovuto rispondere a una domanda scabrosa. Un cittadino gli ha chiesto: cosa intende fare nei primi cento giorni di governo, nel caso vincesse, posto che dopo la sua coalizione entrerà in crisi, data la disomogeneità che la caratterizza? Prodi, col rispetto che un vero cultore del dialogo deve agli interlocutori, ha sbottato che chi gli poneva la domanda era «matto». Ma chi è il matto? Chi chiede o chi non risponde, affidandosi all’insulto?
Ma non basta. Nel pomeriggio c’è stata una puntuale contestazione da parte della maggioranza sulla tassazione dei Bot, basata sul fatto che, per togliersi d’imbarazzo, il Professore aveva detto che l’inasprimento dell’imposta sarebbe avvenuto a «lungo termine». Balle, naturalmente, spacciate per verità dolci come il miele. Da parte del centrodestra è stata sottolineata l’incongruenza e la falsità dei propositi prodiani. E il ministro Tremonti ha avanzato il sospetto che l’Unione voglia anche inasprire le tasse dei lavoratori autonomi.
Come ha reagito Romano Prodi alla critica squisitamente politica? Ha accusato gli avversari di «delinquenza politica». Nientemeno. Questa è la prova regina che al Professore sono saltati i nervi. È delinquenza politica parlare di tasse e chiedere a chi si propone per il governo di chiarire che cosa pretenderà dai redditi e dalle sostanze dei cittadini? Prodi parla sempre di democrazia, ma la democrazia nasce dai Parlamenti che si preoccupavano principalmente di sapere quel che il sovrano avrebbe preteso, in tributi, dal popolo.
Porre domande incalzanti su questa materia è delinquenza politica? Certamente no.

È invece un sintomo di grave disagio psicopolitico il fatto che Romano Prodi perda il controllo, sacrificando la mortadellosa bonomia all’impellenza dello scatto di nervi. Ma nessun psicologo prestato alla politica lo farà notare.

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