Gli intellettuali? Sono solo loro

C'è solo un partito peggiore di quelli politici. Quello degli intellettuali

Gli intellettuali? Sono solo loro
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C'è solo un partito peggiore di quelli politici. Quello degli intellettuali. I quali danno ovviamente il meglio di sé in occasione dei festival, i Saloni del libro o la Fiera di Francoforte, dove l'Italia quest'anno è Paese ospite. Quale occasione migliore per rovinare tutto? Ecco. I nostri scrittori di lotta e d'intifada antifascista - persino più immaginaria che grottesca - ci sono riusciti. È bastato che il Commissario straordinario del governo per la Buchmesse, Mauro Mazza, assieme alla sua squadra, presentasse il programma degli appuntamenti di ottobre, ed è partita la canea. Casus belli: non ci sarà Roberto Saviano. Il quale non è stato «escluso», come hanno scritto e titolato i fogli d'opposizione antimeloniana a prescindere. Semplicemente non è stato scelto (la quota prevista era cento scrittori), così come non sono stati scelti, citiamo a caso, Luca Doninelli, Gaetano Cappelli, Francesco Permunian, Antonio Moresco... Nessuno dei quali si è sognato di denunciare una censura di governo. Tanto più che Saviano è ovunque, sempre, comunque. In tv (anche se dice che la Rai lo ha epurato), sui giornali (anche se dice che in Italia silenziano le voci scomode), nei teatri (anche se dice che Italia c'è un regime), alla radio, in tutti i saloni del Salone del Libro, i festival, le rassegne letterarie (anche se dice che nel Paese c'è aria di fascismo). Per una volta - senza che per forza caschi il mondo o il governo - può anche saltare un giro. Evidentemente no. Gettato il sasso della polemica nello stagno, le papere hanno cominciato a starnazzare. Paolo Giordano, che aveva giù piagnucolato abbastanza quando non lo fecero direttore del Salone di Torino, ha detto che «Quando ho saputo dell'esclusione di Saviano ho trovato un pretesto per non andare». Subito gli ha retto la coda Sandro Veronesi: «Avevo accettato, ma ora ho deciso di non partecipare». Poi naturalmente è arrivata anche lei. Elly Schlein. Una che l'ultima volta che ha scellofanato un libro andava ancora alle medie in Svizzera. «C'è un brutto clima verso gli intellettuali nel Paese», ha detto. No: nel Paese non c'è un brutto clima. C'è una pessima usanza: credere che dietro ogni legittima scelta di un rappresentate delle istituzioni culturali ci sia sempre un retropensiero politico. Un pregiudizio tipico dei supporter della sinistra che per cinquant'anni hanno fatto delle interferenze del Partito un'abitudine. Come ha commentato uno scrittore (peraltro non invitato): «La mafietta letteraria italiana non ha condiviso una scelta e si comporta per quella che è». E non è servito neppure l'intervento dell'Associazione Italiana Editori, che assieme al Commissario Mazza ha lavorato al programma della Buchmesse: «La scelta degli autori ospiti a Francoforte è frutto di una procedura, fatta di un dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani».

Insomma, l'autore di Gomorra non era tra le proposte degli editori. Niente di più, niente di meno. Ma da noi è così. Quando qualcuno prova a dare spazio ad altre voci viene sovrastato dalle urla di quelli che hanno sempre parlato fino a un minuto prima.

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