Che Balotelli fumi in treno prima dell'importante partita con la Fiorentina può indignare molto i suoi tifosi, magari pure il suo allenatore, ma forse più perché fuma che perché fuma in treno. Difatti il Milan lo multerà. Non è chiaro se perché fuma o se perché fuma in treno.
L'ultima balotellata - dalla colorita collezione di marca che sta lentamente facendo ombra all'altra nostra griffe del settore artistico, la cassanata - l'ultimissima è già patrimonio collettivo del web e del caloroso pubblico: scendendo da Milano a Firenze sull'alta velocità, Galliani si è visto avvicinare dal capotreno con tono un po' affettuoso e un po' risentito, «Mi sa che bisogna tirare le orecchie a Balotelli: ha fumato in bagno». Ovviamente, per fiera dignità, ha evitato di fare l'ottuso zelante con la multa, sette ferocissimi euro che verosimilmente non manderebbero sul lastrico Supermario. Molto più realista, Galliani ha chiamato un altro rampollo del suo asilo di fenomeni, gli stessi che il 31 marzo hanno mandato in rete l'autoscatto mentre dormivano nelle cappelliere del treno: «Niang, tu che sei un bravo figliolo, vai a dire al tuo amico Mario che sta per beccarsi una multa». Chiusa lì e appuntamento alla prossima.
Nel frattempo, il costume nazionale saluta in Mario Balotelli il grande testimonial di un'Italia vitale e irriducibile, un'Italia che non si rassegna alla crisi e alla depressione, un'Italia scaltra e creativa: l'Italia dei coatti che ancora fumano in treno.
Tutti noi conosciamo questa particolare specie umana. È da dieci anni, da quando Sirchia firmò una legge sensata per impedire ai non fumatori di fumare, che la conosciamo. Ci sta dentro di tutto: tabagisti incalliti, incatramati cronici, bulli di borgata. Più la linea si fa secondaria e periferica, più questa brava gente se ne sbatte della legge e fuma in carrozza. Parecchie volte, come nel caso dell'arciduca Balotelli, usano la prudenza di chiudersi in bagno, anche se nel caso del bomber non è chiaro se voglia rispettosamente evitare al prossimo il suo smog o se invece non voglia semplicemente dribblare il mister. La maggioranza dei tamarri però non usa neppure questa cortesia: fuma direttamente in poltrona, di faccia a pendolari e maestrine.
Hanno voglia poi di dire che bisogna ribellarsi e richiamarli all'osservanza delle regole: il più delle volte il coatto fumatore si muove in branco, facilmente nelle ore notturne, si faccia avanti chi se la sente di volare dal finestrino per un richiamo da boy-scout. È storia, la conosciamo benissimo: gli stessi controllori provano timidamente a richiamarli, ma per risultare efficaci davvero devono farsi l'intero treno alla ricerca di un eventuale agente presente sulla tratta, il quale da parte sua - quando c'è - è comprensibilmente propenso a fischiettare e a girarsi dall'altra parte, magari raccontando d'essere parrucchiere.
Questa la situazione sui nostri treni. E non solo sui treni. Il fumatore coatto prova un doppio piacere: fumare, fumarsi le regole. Adora il binomio nicotina-prepotenza. Lo assapora boccata dopo boccata. A casa sua non fuma neppure: non c'è gusto, al massimo c'è una nonna che chiede di smetterla, non si può dare una testata sul naso alla nonna, neppure a una nonna rompiscatole.
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