Che poi, chi l'ha detto che debba filare sempre tutto liscio. Anche perché non succede, quindi tanto vale prepararsi: la vita in famiglia - fra genitori e figli, e tra fratelli e sorelle (fra madri e padri, non ne parliamo) - non è niente di idilliaco. Non somiglia neanche un pochino al Mulino Bianco, e nemmeno a certi manuali di psicologia buonista, e meno ancora alle illusioni di convivenza perfetta che ci si immagina, rosicando, di intravedere dietro a quelle famigliole che arrivano al parco con la merenda biologica preparata dalla mamma, il papà che trasporta due bambini in bicicletta e i piccoli sorridenti, ubbidienti e trilingue.
Fra i sogni da ridimensionare c'è che i figli siano degli angioletti, soprattutto con gli altri bambini: la prima volta che li vedrete litigare, con l'amichetto o con la sorellina, sarà forse uno choc. Il mio Davide, così bravo. Ma come è possibile? La domanda in realtà è: ma come potevamo pensare che non bisticciasse? E questo non per giustificarli, anzi: per rimettere al loro posto azioni e reazioni e pensieri, per ricalibrare gli atteggiamenti, per rilassare il sistema nervoso sovraeccitato dagli input provenienti dai figli da un lato, e dal mondo esterno ipergiudicante dall'altro. Il pedagogista Daniele Novara sdogana il tabù in un libro, Litigare fa bene (Bur). Il sottotitolo è: «Insegnare ai propri figli a gestire i conflitti, per crescerli più sicuri e felici». È qualcosa che i genitori devono cercare di insegnare ai figli, è vero, ma è anche qualcosa che i genitori stessi devono imparare: tirarsi fuori, fare un passo indietro di fronte ai litigi fisiologici e quotidiani (non alla violenza, che è altro), fare uno sforzo per non intervenire in continuazione.
Alla base c'è una convinzione, che ribalta il luogo comune: non è vero che «i bravi bambini non litigano». Lo fanno eccome, e così crescono, e possono diventare adulti che sapranno risolvere le questioni in modo diverso dal litigio infantile (sono molti gli esempi di persone che decisamente non ci sono riuscite). Quindi, se non funzionano i metodi «correttivi» di una volta (litigate? le prendete entrambi), non è efficace nemmeno l'interferenza costante e ansiosa del genitore di turno.
Anche se poi «gestire il conflitto» è una frasetta magica, che sembra semplicissima, ma che concretamente richiede energie, concentrazione, fatica, applicazione mentale e fisica, come sempre coi figli, del resto. Però è una regola che infrange il politicamente corretto che si presume aleggi tra le mura di casa e che ha invaso tutte le relazioni, almeno in teoria. Invece, come diceva Eraclito (due millenni e mezzo fa), polemos è il padre di tutte le cose, di tutte re: il conflitto che non è mai soltanto negativo, bensì è la realtà che diviene, e quindi ovviamente è da sciocchi (o da illusi) tentare di respingerla, o negarla, o difendersi da essa. Anche se spesso viene naturale comportarsi da sciocchi e da illusi.
blog.ilgiornale.it/barbieri
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.