«Io porto le foto del poliziotto cui hanno spaccato il casco in testa. Foto, per foto, parliamone...».Il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri non riconosce la rappresentazione degli scontri che è stata fatta in tv e sui giornali. Una realtà distorta ma che rispecchia il solito canovaccio: manifestanti pacifici aggrediti da forze dell’ordine capaci solo di fare della «macelleria messicana »,addirittura in stile Diaz.Così si legge in cronache e commenti sulle pagine di Pubblico , del Fatto quotidiano , e naturalmente di Repubblica . Campeggiano titoli sulle «violenze», il «pugno duro», i «pestaggi ». A opera di polizia e carabinieri, altro che autonomi e black bloc. Oppure basta farsi un giro sui social network : dalle città messe a ferro e fuoco nell’ennesima giornata di ordinaria follia, rimbalzano solo video e scatti con agenti che si accaniscono su «studenti inermi». Ma dietro migliaia di «Mi piace»c’è la mistificazione.Uno dei ritratti più «condivisi»nella Rete ritrae un ragazzino in giacca nera, col viso imbrattato del sangue che gli cola dalla tempia, ferita a manganellate. Qualche ora più tardi si scopre che l’immagine choc, incoronata dal tam tam internettiano a simbolo della violenza (in divisa), non è altro che un falso. Quel manifestante insanguinato è stato coinvolto negli incidenti, sì, ma in Spagna. Non a Roma, o a Milano, o a Torino, dove ancora oggi residenti e commercianti fanno i conti dei danni dei cortei tra vetrine in frantumi e portoni di casa sfondati. Sfogliamolo per davvero e per intero, allora, l’album della guerriglia.
Senza censure. Per capire da quale parte stanno aggressori e vittime. Chiediamo come è andata veramente a Massimo Contenta, anni 36, agente scelto della Polizia al Commissariato di Barriera Nizza di Torino. Circondato da una ventina di squadristi No Tav mentre difendeva la sede della Provincia dall’assalto, gli hanno spaccato il casco a metà a colpi di mazza da baseball. Ora si sente «miracolato». Come magari lo saranno i teppisti fermati l’altro giorno e già pronti a tornare in battaglia. Molto presto. Alla prossima giornata di «protesta».
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