Sottosegretario Wanda Ferro, il Consiglio dei ministri ha decretato lo stato di emergenza a fronte del susseguirsi degli sbarchi. Che situazione sta vivendo l’Italia e cosa cambia con questa misura?
"L’ondata eccezionale di sbarchi degli ultimi giorni dà la misura di una situazione sempre più esplosiva e che, purtroppo, rischia di intensificarsi con l’arrivo di condizioni meteorologiche migliori. Le nostre unità continuano a salvare in mare migliaia di vite, anche se la sinistra sembra non accorgersene, e il sistema della prima accoglienza è al collasso. Pensi che nell’hotspot di Lampedusa si è arrivati ad ospitare 1800 migranti, quattro volte la capienza prevista. E le Regioni, Sicilia e Calabria in testa, sono in grande difficoltà e di certo non possono diventare gli hotspot d’Europa. Con lo stato d’emergenza nazionale si possono snellire le procedure e accelerare l’iter per valutare chi ha diritto ad essere accolto e chi deve essere rimpatriato".
Ci sono timori per la tenuta delle strutture? La situazione è sostenibile?
"Stiamo lavorando in questa direzione. Non è giusto che ci siano pochi territori costretti a sopportare, da soli, un impatto così forte dell’ondata migratoria, che mette sotto pressione le Prefetture, le amministrazioni comunali, ma anche gli operatori sanitari e le Forze dell’Ordine, costretti a turni massacranti e a condizioni di lavoro rischiose. È massimo il nostro impegno anche per evitare la vergogna delle tendopoli e dei ghetti ai margini delle città in cui i migranti vengono abbandonati al loro destino, creando condizioni di insicurezza e illegalità".
La riapertura dei flussi regolari può davvero contribuire a frenare gli sbarchi in assenza di accordi con i paesi di partenza e di transito?
"Il governo Meloni vuole affermare un principio: in Italia si entra solo legalmente e se si rispettano le regole. Un cambio di paradigma radicale rispetto all’impostazione della sinistra. Negli anni i decreti flussi, ovvero quei provvedimenti che stabiliscono l’ingresso di migranti regolari, sono stati di fatto azzerati perché tutte le quote di immigrazione erano coperte da chi sbarcava illegalmente sulle nostre coste.
Quell’epoca è finita. L’Italia ha bisogno di lavoratori qualificati in agricoltura, nel turismo e nel manifatturiero e il governo sta lavorando per rispondere alle richieste delle organizzazioni di categoria, ma deve essere chiara una cosa: le persone che vengono in Italia non sono di serie B, non è “manovalanza” a basso costo da importare a piacimento. Hanno gli stessi diritti, ma anche doveri, dei lavoratori italiani. Altro tema è il lavoro che il governo sta portando avanti per fermare i flussi illegali: su questo il presidente Meloni è impegnata fin dal primo giorno e i risultati raggiunti al Consiglio europeo sono il primo passo. Ora è necessario dare attuazione alle decisioni e farlo rapidamente".
Da anni l’Ue promette una condivisione dell’onere dell’accoglienza. Si sta muovendo qualcosa?
"C’è stato sicuramente un cambio di paradigma, grazie soprattutto al lavoro del presidente Meloni. L’immigrazione è ora un problema europeo e come tale va affrontato. Bruxelles ha confermato che la difesa dei confini esterni è una priorità e ha riconosciuto la specificità di quelli marittimi. Perché se non si interviene sui movimenti primari è impossibile anche controllare quelli secondari".
Come sono i suoi rapporti con il ministro Piantedosi e il sottosegretario Molteni e come gestirete a livello politico le modifiche chieste in Parlamento dalla Lega al Dl Cutro?
"I nostri rapporti sono ottimi, come in tutta la squadra di governo. Non ci sono differenti visioni o necessità di marcare posizioni politiche: puntiamo a migliorare il decreto per renderlo più efficace possibile.
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