RomaDiciotto cartelle di discorso, mezz'ora in piedi sotto i riflettori nel Salone delle Feste, ma poi a Giorgio Napolitano bastano tre parole per corazzare il premier: «Deve andare avanti». Dunque Letta è blindato. Nessuno pensi «a staccare la spina o a creare vuoti, i contraccolpi sui mercati sarebbero irrecuperabili». Alfano è assolto. La vicenda kazaka è «di una gravità inaudita», però «è azzardato evocare responsabilità oggettive» del ministro dell'Interno. E Berlusconi, in qualche modo, è incoraggiato. Se bisogna «sgombrare il campo da sovrapposizioni» tra i processi e la stabilità del governo, è comunque «interesse di tutti affidarsi con rispetto alle decisioni della Cassazione», senza trascurare «l'esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa».
O Letta o Letta. Non ci sono alternative, non ci sono altre maggioranze. Il capo dello Stato, che è stato rieletto come centro di gravità permanente nel quadro delle larghe intese, non darà sponde a soluzioni pop. «Propositi velleitari. Inviterei tutti quanti lavorano a ipotesi più o meno fumose o arbitrarie, a non contare su decisioni che non starò certo ora ad anticipare». Il messaggio è per la sinistra del Pd e per quanti sperano di agganciare i grillini o di mettere in piedi un esecitivo per la riforma elettorale. «Non si rifiuti la realtà, non ci si avventuri - tuona il presidente - in una ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il Paese».
Insomma, fa capire Napolitano, non contate su di me perché se precipita tutto io potrei pure lasciare. Pensate piuttosto a smorzare le polemiche e lavorare per tirare fuori l’Italia dai pasticci. La crisi non è risolta, ma è sempre «incombente». C’è sì qualche buon segnale sulle esportazioni e sui conti pubblici, però «siamo ancora a rischio, per il debito pubblico, alla variazioni del clima di fiducia da parte degli investitori». E se ci fosse «una nuova destabilizzazione del quadro politico, i contraccolpi sarebbero gravissimi, forse irrecuperabili ». Noi, insiste, «siamo esposti a variabili e incertezze».
Per questo «è indispensabile, nell’interesse generale, proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta». Il capo dello Stato elogia l’esecutivo, che sta facendo «sentire la sua voce » al livello internazionale. Ne traccia persino un orizzonte a medio termine, quando parla del «cronoprogramma di riforme di diciotto mesi già partito in Parlamento » e ricorda che nel secondo semestre del 2014 l’Italia assumerà la presidenza di turno dell’Unione europea. «Si può mettere a repentaglio la continuità di questo governo, impegnato in un’attività di ben definita,senza offrire pesanti ragioni a più malevoli e interessati critici e detrattori del nostro Paese, pronti a proclamare l’ingovernabilità e l’inaffidabilità?».
No, non si può buttare tutto nel cestino, non dobbiamo arrenderci alle speculazione internazionale. Allora occorre sminare subito il campo dal caso Shalabayeva. Una storiaccia, ammette Napolitano, che ha provocato «imbarazzo e discredito», anche per colpa delle «interferenze» di Astana. Ma il governo si è mosso bene, «ha opportunamente deciso di sanzionare comportamenti di funzionari titolari di delicati ruoli in materia di sicurezza ». Prefetti e dignitari che «hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell’autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose che hanno messo in seria difficoltà» Palazzo Chigi, Viminale e Farnesina. Alfano deve restare perché non esistono «responsabilità consustanziali alla carica che si ricopre ». Semmai occorre «rivedere le catene di gestione burocratiche».
E siccome ogni giorno ha la sua pena, chiusa quasi la pagina kazaka si sta per riaprire quella del Cavaliere. Napolitano lo invita a lottare non contro ma nel processo e ad evitare di legare il verdetto alla vita del governo. La Cassazione, pensano sul Colle, deciderà con equilibrio, «senza pressioni né in un senso né nell’altro ». Ma al di là della giustizia, conclude il presidente, bisogna darsi tutti una regolata.
«Abbassare i toni, abbandonare le posizioni urlate, proseguire con maggiore coesione. Esitazioni e forzature possono sfuggire dal controllo». Finché lo fa l’opposizione, si capisce, Ma se è la maggioranza a litigare, ci vuole poco a far saltare tutto.
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