Roma - Le province si salvano ancora. Merito - o colpa - delle annunciate dimissioni del premier Mario Monti. Con la legislatura destinata a finire in anticipo, non c'è più tempo per convertire in legge il decreto che avrebbe dovuto accorparle, riducendone sensibilmente il numero. Il de profundis al taglio degli enti locali è arrivato ieri sera in commissione Affari costituzionali del Senato, quando i presenti hanno preso atto, all'unanimità, dell'impossibilità di proseguire, tra i tanti emendamenti presentati (140) e il poco tempo a disposizione, votando per l'affondamento del decreto. Ai due ministri presenti, Filippo Patroni Griffi e Piero Giarda, non è rimasto che incassare il fallimento. «Il governo ha fatto ciò che doveva fare, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione», ha sospirato Patroni Griffi: «Il ripensamento delle forze politiche sta nel gioco parlamentare».
Stamattina è in calendario una riunione dei capigruppo, per provare a individuare una strada alternativa e salvare il provvedimento, ma la strada appare impervia se non impraticabile. E naturalmente sul mancato taglio delle province si scatena da subito la fiera delle responsabilità. Per il senatore dell'Idv Pancho Pardi ad azzoppare il decreto è stata soprattutto «l'enorme quantità di emendamenti presentati dal centrodestra», ma lui stesso sembra compiacersi per l'esito, visto che aggiunge subito: «a questo punto serve una norma per tutelare la vita delle Province, mettendola a sistema». Il capogruppo del Pdl in commissione, Gabriele Boscetto, peraltro respinge la tesi dell'Idv: «C'erano tutta una serie di situazioni che andavano messe a posto e i nostri emendamenti tendevano a metterle a posto, non erano gratuiti».
Tutto questo alla fine comunque conta poco. La realtà, al di là della difesa d'ufficio di Patroni Griffi, è che il Parlamento e il governo non sono riusciti a portare avanti il progetto di spending review. Questo segna un'altra sconfitta per i «tecnici» che, a parte i primi cento giorni, quando hanno portato in porto la riforma del sistema previdenziale, hanno perso l'occasione di cambiare il volto di questo Paese. Non hanno inciso sulle spese come si sperava. Nessuna riforma e alcun taglio alla burocrazia, che resta una delle zavorre gigantesche per l'economia italiana e che, oltretutto, continua a ingrossare il debito pubblico. Quello che resta è un governo capace di una politica economica che si basa tutta sulle tasse. L'addio al taglio delle province è una tomba sulla speranza di intervenire sulla spesa pubblica.
Le province si salvano anche perché l'Italia resta la terra dei mille campanili (e delle mille poltrone) e ogni politico ha tentato in ogni modo di salvare il proprio bacino elettorale. Magari non direttamente, ma con un lento e progressivo sabotaggio dell'iniziativa legislativa.
È quello che pensa e dice anche il senatore Barbara Saltamartini, del Pdl: «A mio giudizio ci sono state troppe complicità e tanti interessi provenienti dai territori». Per lei, la soluzione è semplice quanto drastica: «le Province vanno abolite tutte, operando sull'articolo 114 della Costituzione, assegnando le funzioni a Regioni e Comuni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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