Il Cav non teme le elezioni: "Possiamo battere chiunque"

Margini di trattativa sempre più stretti con il Pd per il Colle. Berlusconi ai suoi: "Se vogliono forzare la mano, non avremo paura di tornare al voto"

Il Cav non teme le elezioni: "Possiamo battere chiunque"

Roma - I margini di trattativa sempre più stretti. I messaggi a distanza sempre più affilati. Le distanze che si allargano. L'impressione che la scelta della massima magistratura repubblicana si stia trasformando nell'ultima propaggine dell'infinita guerra dei vent'anni tra centrodestra e centrosinistra.

Silvio Berlusconi, il giorno dopo la grande manifestazione di Bari, si concede una giornata di riflessione e meditazione ad Arcore. Il presidente del Pdl annulla la visita al Salone del Mobile, alla Fiera di Rho, complice un piccolo problema alla gola. È Mario Mantovani a rappresentarlo. «Questa è una settimana decisiva per la politica - dice il senatore lombardo - Berlusconi non è potuto venire perché ha molti impegni ad Arcore. Ma non ci saranno vertici in giornata».

In effetti nella residenza del presidente del Pdl non vanno in scena convocazioni allargate ma i contatti con Gianni Letta, Angelino Alfano e Denis Verdini continuano per tutta la giornata. Così come non mancano le telefonate di questi ultimi con Enrico Letta, Vasco Errani e Maurizio Migliavacca, ovvero i pontieri che cercano ancora di spegnere gli incendi e riannodare i fili del dialogo, evitando l'ultima forzatura: quella che potrebbe portare al «blitz» in aula e all'elezione di Romano Prodi.

Berlusconi segue passo passo la trattativa. E dopo il bagno di folla di Bari lo fa con lo spirito di chi non teme di essere messo nell'angolo. La manifestazione pugliese lo ha galvanizzato, gli ha regalato nuova forza e stimoli, gli ha fatto rivivere quello «spirito del '94», da lui più volte evocato per ringraziare alla fine del suo intervento Raffaele Fitto. «Il segnale alla nostra gente lo abbiamo mandato forte e chiaro» spiega ai dirigenti del Pdl «e quella piazza ha un significato più forte di mille parole». «Se vogliono forzare la mano e assecondare le idee della premiata ditta Vendola-Casaleggio facciano pure. Noi alla nostra gente dobbiamo offrire la garanzia che, senza pari dignità, non avremo esitazioni a tornare al voto, diversamente dal 2011. Deve risultare chiaro a tutti perché in questo momento possiamo vincere con tutti». Come dire che se si andasse al voto, perfino Matteo Renzi potrebbe diventare un avversario alla portata.

Secondo Berlusconi l'unica vera «garanzia» che il nuovo Capo dello Stato dovrebbe fornire è proprio quella di evitare di tirarla per le lunghe pur di non tornare al voto e dire «no» a eventuali governi pasticciati, privi di una chiara maggioranza. In sostanza non discostarsi dalla dottrina Napolitano. La trattativa, per il momento, langue in una palude limacciosa fatta di umori, paure e calcoli di convenienza, in un clima in cui nessuno sembra fidarsi dell'altro. A seconda delle telefonate si aprono spiragli che dopo poco sembrano richiudersi. Gli ultimi segnali che arrivano da una parte del Pd sembrano portare a una indicazione secca su Anna Finocchiaro come candidato di bandiera per le prime votazioni, una sorta di prendere o lasciare che, se rifiutato, potrebbe portare a una virata su Prodi alla quarta votazione.

I pontieri e le colombe dei due fronti sono invece convinti che alla fine Bersani potrebbe uscire dalla trincea e mettere in campo la «sua» lista ragionevole, quella che prevede i nomi di Giuliano Amato, Franco Marini e Romano Prodi. Tutto però si giocherà nella giornata di oggi, quando la coltre di fumo di queste ore dovrà sollevarsi e lasciare spazio a qualcosa di concreto.

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