«B isogna cercare di chiudere tra la seconda e la terza votazione, perché dalla quarta in poi c'è il rischio che il Pd non regga. E a quel punto potrebbe anche saltare il banco...». Silvio Berlusconi ufficialmente non parla, ma la trattativa con Pier Luigi Bersani va avanti. Con il Cavaliere convinto che per portare a casa il risultato si debba arrivare all'elezione del prossimo presidente della Repubblica con la maggioranza di due terzi. Perché, è la riflessione che fa durante una giornata passa quasi interamente ad Arcore, dal quarto scrutinio in poi quando sarà sufficiente la maggioranza semplice del Parlamento riunito in seduta comune c'è il rischio concreto che il Pd si sfilacci e che la guerra tra le correnti prenda il sopravvento.
E i nomi su cui starebbe ragionando il leader del Pdl sarebbero sostanzialmente due: Giuliano Amato e Massimo D'Alema, con una preferenza forse per il secondo ma con la consapevolezza che la via del compromesso è probabilmente più facile da trovare sul primo. Intanto perché con Amato, rifletteva in privato Alfano nei giorni scorsi, «sarebbe certamente più difficile accusarci d'inciucio» visto che il dottor Sottile non è uomo nato e cresciuto nel cuore del Pci. Eppoi, avrebbe argomentato con i suoi pure Berlusconi, Amato «ha una statura internazionale che lo mette al riparo da qualunque critica». Si tratterebbe, insomma, di una scelta di alto profilo. Peraltro anche più facilmente spendibile rispetto all'elettorato di centrodestra a cui sarebbe un pizzico complicato spiegare un voto del Pdl a sostegno di D'Alema. Che però agli occhi di Berlusconi ha due punti a suo favore. Il primo è che l'ex segretario del Pds avrebbe certamente maggior polso rispetto ad eventuali tensioni con la magistratura, anche perché non è mai stato un teorico dell'aggressione per via giudiziaria al Cavaliere. Anzi. Il secondo, ancora più importante, è che D'Alema al Quirinale diventerebbe di fatto una sorta di «facilitatore» di un governo di larghe intese, visto che a differenza di Amato l'ex titolare della Farnesina ha comunque un certo ascendente sul Pd. Ed è chiaro che se sedesse sul Colle più alto lo farebbe valere proprio per dar via a quel governo del presidente che ha provato a fare Giorgio Napolitano (che, nonostante la sua ritrosia ad una riconferma, per alcuni resterebbe ancora in partita nel caso Berlusconi e Bersani non arrivassero ad un'intesa).
Al di là dei nomi, però, la sensazione è che la via di un'intesa sia ormai scritta. E pure se domani mattina durante la prima votazione il Pdl scriverà sulla scheda il nome di Berlusconi come candidato di bandiera sembra che davvero nei successivi voti l'accordo possa essere ad un passo. Di questo parlano da giorni le diplomazie, al lavoro sotto traccia come non accadeva da anni. A parte Gianni Letta, infatti, anche Alfano ha avuto ripetuti contatti con Enrico Letta e pure con lo stesso Bersani.
E tanto la quadra sembra vicina che quando ieri sera Berlusconi è arrivato a Roma in molti ipotizzavano potesse essere in ballo un faccia a faccia notturno con il segretario del Pd. Questo nonostante il Cavaliere sia atterrato che erano le 19.
30 passate e solo perché aveva appena annullato in extremis la cena in programma a Palazzo Grazioli con alcuni big del Pdl. In realtà, l'incontro tra Berlusconi e Bersani dovrebbe esserci oggi, preceduto probabilmente da una riunione dei rispettivi sherpa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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