"Le Grillate Rosse" e "Quei giornaloni che si ostinano a non capire Grillo". S'intitolano così i due editoriali, apparsi entrambi sul Fatto Quotidiano, a firma rispettivamente di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Il loro messaggio è molto chiaro: fin dagli arbori del grillismo, il comico genovese e i suoi adepti sono sempre stati maltrattati dalla stampa. Eccezion fatta (naturalmente) per i precursori del Fatto: loro sì che non fanno parte dei "giornaloni e i telegiornaloni: quelli restano la cloaca di sempre", come scrive il direttore del giornale, e che quindi non hanno mai avuto alcun dubbio sugli "incontestabili" successi politici che già si potevano intravvedere a occhio nudo già 16 anni fa.
A pochi giorni di distanza di distanza dalla battutaccia sulle "brigate del reddito" e sul "passamontagna", l'accusa che infatti parte in stereofonia dal quotidiano nato nel 2009, vero house organ del Movimento 5 Stelle, è che i media più importanti o sminuirono oppure criticarono pesantemente sia il primo V-Day di Bologna del 2007 - contro i parlamentari condannati - sia il secondo "Vaffa" nel 2008 a Torino, che puntava a cancellare l'ordine dei giornalisti, i finanziamenti alla stampa e la legge Gasparri. Al di là dei suoi classici "simpatici" insulti con cui etichetta i giornalisti che non la pensano come lui, è un vero peccato che l'ex braccio destro delle trasmissioni di Santoro dimentichi diversi particolari su quegli appuntamenti. Facciamo qualche esempio.
L'Unità di Padellaro e Travaglio contro il V-Day
L'Unità, giornale allora diretto da Antonio Padellaro (uno dei fondatori del Fatto e grande amico di Travaglio e Scanzi), non era stata esattamente tenerissima con il secondo V-Day, datato 25 aprile 2008. Il giornale fondato da Antonio Gramsci non si spese infatti in difese o in elogi sperticati dell'evento: Enrico Fierro, inviato a Torino, parlò di "una manifestazione che aveva imboccato una strada pericolosa, quella del Vaffa... a tutti: editori, padroni del vapore, giornalisti noti e sconosciuti, le star pagate fior di quattrini e i precari, gli amici dei potenti e quelli che dai potenti sono stroncati, i giornali fantasma che prendono fondi pubblici e i giornali veri che grazie a quei fondi riescono a resistere alle discriminazioni del mercato pubblicitario. Insomma: è tutta una casta, anche quella dei giornalisti. Da abolire. Senza distinzioni, basta un Vaffa…".
Grillo insultava la stessa Unità - con la quale collaborava lo stesso Travaglio - e il giornale rilanciava le sue controaccuse all'attore ligure pubblicando, sempre a pagina 7 dell'edizione del 26 aprile, un intervento durissimo a firma dell'allora segretario della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi. "Il 25 aprile non può essere macchiato da nessun effetto speciale di comici o chicchessia". Per poi aggiungere: "Grillo non faccia confusione trasformando in spettacolo un suo proposito di testimonianza civile. Grillo è un frequentatore recente della materia e non confonda i cialtroni che ci sono in tutte le professioni con le migliaia di giornalisti che in frontiera e con sacrificio lavorano assicurando il massimo di correttezza nell'informare i cittadini. E che spesso pagano prezzi alti per conservare dignità e decoro". Quindi, stando al ragionamento di Marco Travaglio, potremmo definire anche quella Unità una "cloaca"?
Quegli attacchi di Luttazzi (ora al Fatto) a Grillo
Il giornalista si scorda poi il fatto che le tre proposte referendarie del 2008 vennero sonoramente bocciate dalla Cassazione a causa del mancato raggiungimento della quota necessaria di firme valide: sintomo di un flop totale di quella manifestazione. Esilarante poi il passaggio in cui Travaglio ricorda che certa stampa si scagliava contro Grillo perché "nel 1981 ebbe un tragico incidente stradale". Naturalmente si dimentica di sottolineare come, per quell'"incidente", Grillo sia stato condannato in via definitiva per omicidio plurimo colposo in quanto una perizia sottolineò come lui fosse colpevole di non aver fatto scendere i suoi passeggeri prima di affrontare il tratto di strada più pericoloso. Ma, a quanto pare, ci sono dei pregiudicati di Serie A e dei pregiudicati di Serie B.
Per quanto riguarda invece il primo V-Day, quello dell'8 settembre 2007, Travaglio bacchetta (sempre oggi) chi all'epoca dava a Grillo del "populista" e "qualunquista". E chi c'era tra coloro che lo definivano esattamente con questi aggettivi 16 anni fa? Un certo Daniele Luttazzi, che ora è autore di una rubrica quotidiana fissa sul Fatto Quotidiano. Sul suo blog, il comico romagnolo scriveva testualmente sul collega Grillo: "Le accuse di populismo che gli vengono rivolte sono qui fondatissime, specie quando le rigetta usando non argomenti che entrino nel merito, ma lo sfottò, che è sempre reazionario". Poi, un altro carico da undici: "L'illusione alimentata da Grillo è che una legge possa risolvere la pochezza umana. Questa è demagogia".
Infine: "Grillo si serve di una cavolata demagogica che era già classica all'epoca di Guglielmo Giannini", che fu inventore del qualunquismo in politica con la fondazione del Fronte dell'Uomo qualunque. "Adesso Grillo esalta la democrazia di internet con la stessa foga con cui dieci anni fa sul palco spaccava un computer con una mazza per opporsi alla nuova schiavitù moderna inventata da Gates. La gente applaudiva estasiata allora, così come applaude estasiata ora. Si applaude l'enfasi". "Se parli alla pancia, certo che riempi le piazze, ma non è 'democrazia dal basso': al massimo è flash-mobbing". Praticamente Travaglio ieri mattina se l'è dunque presa con uno che lavora adesso per lui.
Ma, a proposito sempre di "attacchi gratuiti", c'era chi - riferendosi al sostegno aperto al governo di Draghi, parlava nel 2021 di un Grillo in "una circonvenzione di capace" perché "è stato intortato da quel volpone di Draghi con la supercazzola del super-ministero della Transizione ecologica". E poi ancora: Grillo "delirante", "barricato nel suo bunker", "in piena sindrome di Ceausescu" - anzi - in un "manicomio", "se è lucido è un disastro, se non è lucido è sempre un disastro allo stesso modo", "irrimediabilmente bollito", in quanto "carente di neurologi". Indovinate chi era ad esporre questi giudizi così "magnanimi"? Marco Travaglio.
E Scanzi dava per morti i 5 Stelle
A dargli manforte, sempre ieri, ci ha pensato l'allievo Scanzi: "Buona parte dei media italiani non ha mai capito nulla del Beppe Grillo politico". Esattamente come una persona che, meno di due anni fa, definiva Grillo in questo modo: "imbarazzante", "da vomito", "disintegrato", "penoso", "le ha sbagliate tutte", "PsicoBeppe dovrebbe nascondersi per anni. Invece parla, sbraita e gioca al tiranno che, pur di non cedere il regno, preferisce distruggere tutto" e così "il M5S può andare al massimo affanculo". Il nominativo dell'autore di queste sentenze corrisponde ad Andrea Scanzi. Infatti, quello che riteneva che "per colpa delle sue decisioni oggi il Movimento 5 Stelle è morto", ora se la prende con l'"effettiva mediocrità" e il "livello generale davvero sconfortante" della categoria giornalistica, per la quale (secondo l'opinione di Scanzi) "tutto quello che ruota attorno al M5S ha la rogna. E dunque è ontologicamente colpevole".
Lo scrittore aretino tifa ora per una grande coalizione della sinistra - che possa sconfiggere la destra tra quattro anni - che vada dalla coppia Schlein-Fratoianni ai Cinque Stelle. I quali però due anni fa erano morti e sepolti, secondo il chiaroveggente e onnisciente Scanzi. Quello che aveva capito proprio tutto del Beppe Grillo "politico".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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