Conte, Putin e il mistero Sputnik

Per Petrosillo le linee guida del Piano pandemico che il governo di Giuseppe Conte ha ignorato "avrebbero aiutato nella gestione dell'emergenza"

Conte, Putin e il mistero Sputnik
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Quanti segreti sulla gestione della pandemia ci sono ancora da scoprire? Ieri davanti alla commissione d'inchiesta Covid ha parlato il professor Nicola Petrosillo, già direttore del Dipartimento clinico e di ricerca dello Spallanzani, colui che curò i due cinesi infetti. Ai parlamentari lo scienziato ha detto tre cose interessanti e ha «non detto» un particolare inquietante. Per Petrosillo le linee guida del Piano pandemico che il governo di Giuseppe Conte (nella foto) ha ignorato «avrebbero aiutato nella gestione dell'emergenza»; «i monoclonali avrebbero potuto contrastare l'avanzata del contagio ma non erano disponibili» fino al giugno 2021 perché il ministero lo aveva certificato (falsamente) all'Oms; i vaccini furono «fondamentali per contenere l'espansione di questo virus».

Già, i vaccini. Lo Spallanzani ha collaborato con il Gamaleya di Mosca e l'italiana Kedrion per le cure al plasma e la creazione dello Sputnik V, grazie al Dna di un contagiato della Bergamasca (un cittadino russo ammalatosi in Italia il 15 marzo), la cui efficacia venne stimata al 91%. Subito dopo l'avvio del protocollo (su cui a quanto ci risulta anche il Copasir avrebbe svolto un'indagine) Petrosillo accelerò il suo prepensionamento, come fece Maria Capobianchi, la prima scienziata a isolare il Covid in Italia. Perché? Sappiamo che la missione From Russia with love ha portato in Italia 123 tra militari e medici dal 22 marzo al 9 aprile 2020, arrivati a Bergamo agli ordini del generale Sergey Kikot, vicecomandante del reparto di Difesa chimica e batteriologica dell'esercito russo. Eppure lo Spallanzani collabora con scienziati interni al perimetro della Nato, come ha sottolineato in audizione la parlamentare di Azione Federica Onori. I russi hanno davvero avuto accesso a questi dati? Petrosillo ha risposto «non che io sappia, si sarebbe dovuti passare da un comitato etico».

Eppure sappiamo con certezza che tre medici russi (Inna Vadimovna Dolzhikova, Daria Andreevna Egorova e Anna Sleksieyevna Iliukhina) hanno lavorato dentro l'ospedale romano per 24 giorni, dal 4 al 27 giugno 2021. Sappiamo che tra lo Spallanzani e il Gamaleya c'è stato uno «scambio di informazioni e materiali biologici» e che Sputnik V sarebbe dovuto essere sperimentato in Italia, poi la Regione Lazio di Nicola Zingaretti ha cambiato idea. Il report russo post missione non fu tenero con noi: la pandemia in Italia fu «monitorata ma non impedita», i medici furono «mandati al massacro» e i ritardi nelle chiusure amplificarono «contagi e morti».

Sappiamo anche che il Gamaleya è collegato al 48mo reparto militare specializzato in guerra batteriologica e con il Gru, i servizi segreti da cui viene Vladimir Putin responsabili della creazione del famigerato Novichok, usato nel 2021 per avvelenare il dissidente Aleksej Navalnyj. Quali segreti nasconde ancora Conte? Sono quelli che l'ex console russo a Milano Alexei Paramonov minaccia più volte di voler rivelare?

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