Così Conte ha messo il doppiopetto grigio ai grillini

Sul comico è sceso il triste sipario calato da un piccolo impresario di provincia. Ed ora che la follia è stata normalizzata, delle cinque stelle resta ben poco

Così Conte ha messo il doppiopetto grigio ai grillini
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È stato un avversario, Beppe Grillo. E con lui pure Gianroberto Casaleggio e il loro movimento anti sistema. Più che un'utopia una aberrazione politica con il pallino di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Avariata, a loro dire.

È stato un avversario, Beppe Grillo. E con lui tutte le maschere che è riuscito a traghettare a Roma. I disastri firmati Cinque Stelle li stiamo ancora pagando, li abbiamo sul groppone e probabilmente ce li porteremo dietro per molti anni e per molti anni rimarranno lì a pesare sui nostri già disastrati conti economici. Ma come avrebbe potuto essere altrimenti? Un Paese affidato a "politici" come Luigi Di Maio, Danilo Toninelli, Vito Crimi, Paola Taverna non poteva che uscirne con le ossa rotte. D'altra parte non servono fini analisti per capire che non si cresce a suon di "vaffa", meet up e votazioni online. È folle – e non di quella follia teorizzata da Erasmo da Rotterdam e apprezzata da Silvio Berlusconi ma di quella che travalica completamente il buon senso – è folle pensare che un movimento politico possa reggere sulla bestemmia dell’uno vale uno.

Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, questo sì, dobbiamo riconoscerlo a entrambi, hanno saputo incarnare e incanalare un malessere che covava nella società e a questo malessere dare voce. Sguaiata, per carità, ma pur sempre una voce. Negli anni li abbiamo combattuti perché nessuna delle soluzioni da loro proposte erano accettabili, nemmeno lontanamente condivisibili. E lo abbiamo sempre fatto senza concedere sconti. Dopo tutto lui, Beppe Grillo, ero un comico che giocava a fare l'Elevato, un animale da palcoscenico che voleva trasformare la politica in un Grand Guignol, un guitto che sperava di seppellire il Sistema con un click. E l'altro, Gianroberto Casaleggio, era un tecnico, uno smanettone ante litteram, un nerd che sognava la Silicon Valley dai suoi uffici di Milano e che in quegli uffici studiava un algoritmo che trasformasse le macerie di quel Sistema a pezzi.

Mai e poi mai avremmo pensato che questo folle disegno sarebbe finito nelle mani di un notabile della politica, un burocrate con il bilancino in mano, un avvocato in pochette che, montatosi la testa dopo essere finito (per caso) a Palazzo Chigi e aver guidato (ahinoi!) il Paese per tre anni, crede di poter federare un campo arido in cui partiti litigiosi e vendicativi si accapigliano attorno a un tozzo di voti.

È stato un avversario, Beppe Grillo. Temibile, talvolta. Perché dinnanzi a tanta follia bisogna stare molto attenti. Epperò vederlo scartato, gettato nel rudo come una scatoletta di tonno aperta, fa quasi dispiacere. Soprattutto se a buttarlo via, nell’indifferenziata, c'è uno come "Giuseppi", uno che per consegnare i libri contabili del M5s in via del Nazareno ha sputato, in un sol click, su tutti quegli ideali per cui i militanti (quelli della primissima ora) si erano a lungo battuti. Le alleanze. Il doppio mandato. E persino la figura del Garante. Tutto al macero. Resta ancora il nome, quello scelto da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio quindici anni fa. Ed ora che la follia è stata normalizzata, di quelle cinque stelle resta ben poco. Il movimento si è fatto partito, l'anima anti sistema è stata inglobata dal Sistema e sul comico è sceso il triste sipario calato da un piccolo impresario di provincia.

E quello spettacolo, che sin qui ci aveva sempre riservato grandi colpi di scena, non sarà degno nemmeno di un biglietto a saldo staccato da un polveroso e sgangherato teatro in un afoso pomeriggio infrasettimanale d'agosto.

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