
Tra moderni untori e richieste di abiura preventiva. Perché non son solo canzonette, ma lo specchio di questa nostra povera Patria. E quindi c'è da indignarsi per la non vittoria di Simone Cristicchi al Festival di Sanremo. Quello dei record, a cominciare dal livello di rabbia di una sinistra che comincia a capire quanto lontano siano gli italiani dalle loro follie woke e Lgbtq. Ma anche +. Perché basta mettere in fila qualche dato, per capire quanto questa non vittoria (perché questo è stata, non una sconfitta), sia stata ingiusta. A cominciare dalla prima serata, quando ancora immune da giudizi e pregiudizi, la sua poesia-canzone Quando sarai piccola ha fatto alzare in piedi tutto il teatro Ariston. Standing ovation che si è ripetuta nella sua seconda esibizione, facendo evidentemente rizzare le antenne ai militanti della sinistra in servizio permanete che certo non potevano permettere che si facesse vincere un premio così importante a un figlio che canta l'amore per un madre malata d'Alzheimer e non per un genitore 2. Inutile fare il nome di giornalisti, giornali, opinionisti e influencer che si sono mobilitati per ricordare al popolo di internet che in fondo quel Cristicchi non è così una brava persona. Che l'accudire una madre e interrogarsi sul significato della sua vecchiaia è solo una maschera per coprire il suo vero volto. Quello di chi ha portato a teatro il dramma delle foibe e ha condannato l'utero in affitto a pagamento. Quali peggiori reati di leso progressismo. E quindi è partito il tiro al bersaglio. Senza aver palesemente l'ardire di dargli del «fascista», pericoloso revisionista e oscurantista, ma il senso era un po' quello. Tanto da indurre perfino Enrico Mentana, che certo non è un pericoloso reazionario, a parlare di «polemiche per me lunari contro la canzone di Cristicchi». Ma il sasso era lanciato e lo stagno, anzi il pantano dei social era pronto ad agitarsi. E, infatti, nella serata delle cover, di fronte alla magistrale interpretazione della meravigliosa Cura di Franco Battiato insieme alla compagna Amara, il pubblico non si è più alzato.
A rinfocolare per bene il tutto, la domanda se le piacesse la canzone fatta maliziosamente da un giornalista alla premier Giorgia Meloni. E la risposto «tanto, anzi tantissimo». E a nulla è valso che anche la segretaria del Pd Elly Schlein la prima sera avesse scritto sui suoi social «bella canzone», indignando non poco compari e compagni. Niente da fare, l'esercito dei moderni untori, quelli che appiccicano come una sentenza l'etichetta di «fascista» a chiunque si discosti dal verbo della sinistra, era già in marcia. Il venticello della calunnia correva veloce, il sospetto della peste littoria divideva in bianco o (letteralmente) nero. Impossibile vincere così, nonostante il Premio per il miglior componimento musicale Giancarlo Bigazzi votato dai professori dell'orchestra e quello Lucio Dalla della Sala stampa. Cosa serve di più, insieme alle standing ovation delle due prime serate, quelle ancora «vergini», per dire che Quando sarai piccola avrebbe dovuto vincere? A spiegarlo con un po' di impudenza il sito di Fanpage: «Forse avrebbe fatto bene a specificare in conferenza: Fermi tutti, sono antifascista!, come hanno fatto Carlo Conti e Gerry Scotti all'alba della prima puntata».
Ecco dove siamo finiti, nemmeno Galileo
Galilei. Una bella abiura preventiva davanti al tribunale dell'inquisizione progressista: una dichiarazione di antifascismo pretesa da chi fascista non si è mai nemmeno dichiarato. Anche per non perdere il Festival di Sanremo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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