Molto più di una tendenza confermata. Giorno dopo giorno, la pietra continua a rotolare e per il centrosinistra il ritorno immediato alle urne potrebbe significare venire travolti da una valanga. Perciò al presidente del Consiglio incaricato Enrico Letta non conviene affatto fallire. E forse il centrodestra fa bene a tirare un po' la corda in questa fase di trattative.
L'ultima rilevazione dell'istituto Swg per Agorà (Raitre) parla chiaro: il Popolo della libertà è ormai il primo partito con il 27 per cento dei consensi. E il Partito democratico non è nemmeno seconda forza, al 22 per cento e con 5 punti persi nella settimana che ha seguito l'harakiri dell'elezione del capo dello Stato, con Marini prima e Prodi poi bruciati dal fuoco amico. Davanti il Pd ha il Movimento 5 stelle: i grillini recuperano l'1,5% e restano in linea con il risultato realizzato lo scorso 24 e 25 febbraio, al 25,5%.
Ancora più eloquenti i numeri se si considerano le coalizioni. Pdl, Lega Nord (4%) e Fratelli d'Italia (1,5%) alla Camera valgono il 32,5%, mentre e Pd e Sel - quest'ultima in crescita al 5,3% - fanno insieme il 27,3%. Il distacco tra centrodestra e centrosinistra non è mai stato così ampio, oltre i 5 punti. Scelta civica non si schioda dal 6,1% e l'Udc è sempre più un cespuglio da 2%.
Certo, dicono dalle parti di largo del Nazareno, c'è sempre la variabile Matteo Renzi. Eppure le notizie, anche da questo punto di vista non sembrano confortanti: la fiducia degli italiani nel sindaco di Firenze è scesa di 5 punti rispetto alla settimana scorsa, sebbene risulti ancora il politico in cima al gradimento popolare con il 56% dei consensi. Beppe Grillo al 30% capitalizza il muro contro muro nella battaglia del Quirinale e sale di 2 punti; lieve calo personale per Silvio Berlusconi al 27% (-1), comunque meglio di Mario Monti al 25%. Drammatico il bilancio per Pier Luigi Bersani che in sette giorni ha perso il controllo del partito, la segreteria e dieci punti di consenso popolare: il premier mancato si arena al 19%.
Resta da capire se e quando tali intenzioni di voto possano tramutarsi in realtà. Il destino della XVII legislatura è sempre in bilico, appeso alle sorti del governissimo. Se non si torna a votare entro l'estate, allora quando? Gli italiani in proposito non si fanno pregare. Uno su sette vorrebbe riprendere in mano schede e matita non appena il Parlamento «cambierà la legge elettorale». Un Porcellum indigesto per tutti.
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