Crosetto, il gigante liberale che non ha peli sulla lingua

Ex Dc innamorato di Einaudi, il deputato Pdl èalto 2 metri e pesa 118 chili. Spesso sferza il suo partito e non risparmia neppure il Cav, ma non pugnala mai alle spalle

Crosetto, il gigante liberale che non ha peli sulla lingua

Brontolando, brontolando, il quarantanovenne depu­tato del Pdl, Guido Croset­to, è diventato una celebrità co­me rompiscatole. Il «gigante di Marene» - l’ex sindaco del comu­nello cuneese è alto due metri ton­di - spara a zero giorno e notte su Twitter , giornali e tv. Nessuno del Pdl si salva, neanche Silvio Berlu­sconi, malgrado gli sia affeziona­to.

Per gli elettori del centrodestra è una goduria. A Roma, dove tra­scorre i giorni da deputato, i pas­santi lo circondano, gli battono l’anca (alla spalla non ci arriva­no), scambiano chiacchiere. I tas­sisti inchiodano l’auto, lo invita­no a salire e lo portano gratis a de­stinazione. Quando passa Croset­to, l’antipolitica muore e suben­tra il piacere di avere di fronte uno del Palazzo, che è sempre un ono­re conoscere e che, una volta tan­to, la pensa come il volgo.

Il segreto di Guido è incarnare a pennello la rabbia popolare per l’agonia del Pdl. Come un qui­dam , ha un diavolo per capello per i tiramolla del Cav,l’inconclu­denza di Alfano, le ruberie dei Fio­rito. Lo dice asciutto e tagliente a costo di inimicarsi tutti. Ma succe­de di rado perché tutti sanno che Crosetto non pugnala alle spalle e dopo averti mazzolato a parole, ti dà la mano.
Una prova di schiettezza è l’epi­sodio del novembre 2011, alla vigi­lia delle dimissioni del Berlusca. Dopo una telefonata con il vicedi­rettore di
Libero , Franco Bechis, suo amico, il giornalista mette in rete la conversazione taroccando la voce di Crosetto per non farla ri­conoscere. «Oggi quella testa di c..zo è a Milano, stasera torna, do­mani si dimette», questa la confi­denza dell’allora sottosegretario alla Difesa. La «testa» in trasferta meneghina era il Berlusca che sta­va per cedere il posto a Monti. Gui­do, infuriato, si lascia andare non immaginando di finire sul web. Subito si almanacca su chi si na­sconda dietro la voce metallica. Conoscendone l’avventatezza, tanti pensano subito a Crosetto che, all’unisono con Bechis, smentisce. Il giorno dopo però si autodenuncia: «Non mi va di rac­contare balle. Non ne sopporto il peso. La telefonata con Bechis è mia». Doveva liberarsi la coscien­za. Col Berlusca nessuno strasci­co, si conoscono abbastanza da dare il giusto peso. A Bechis solo una tiratina d’orecchi:«La cosa in­comprensibile è che un amico ti registri e mandi sul web una tele­fonata privata». La vicenda è un compendio del carattere croset­tiano.

Guido è tra più critici di Monti e, in contrasto con il Pdl, non ha mai votato la fiducia al governo. Secondo lui,strozza l’economia e sa quel che dice essendo impren­ditore.
«Tutti inneggiano a Monti - ha scritto - . Siamo rimasti in po­chi a dire un’altra verità. Peccato che tra i pochi ci sia un tale che si chiama Pil e che si rifiuta di capire quanto sia bravo Monti e si ostina a calare». E la tipica twitterata iro­nica di Crosetto. La più recente pure non è male: «Renzi è molto più bravo, lo ammetto. Fa casino per quattro mesi nel Pd e Veltroni e D’Alema non si candidano.Io lo faccio da due anni nel Pdl e arriva Briatore». Una stilettata, come al solito senza sottintesi, con nome e cognome della persona da colpi­re e p­ace se Briatore è un suo con­terraneo di Cuneo. Guido è per la ramazza nel Pdl: Berlusconi pa­dre nobile e annullamento dei ver­tici, anche se è amicissimo di An­gelino Al­fano dai tempi in cui face­vano squadra in commissione Bi­lancio tre legislature fa.
Non tolle­ra chi davanti sviolina il Cav e die­tro tifa per il ritiro, come fa­vox po­puli­Mariastel­la Gelmini. Fa­rebbe poi pol­pette di quelli beccati con le mani nella mar­mellata.
In pri­mis ,

Claudio Scajola cui gior­ni fa ha rinfac­ciato: «Non ha ancora spiega­to come ha pa­gato la casa. Dovrebbe esse­re fuori dal par­tito ». Replica di Scajola: «Crosetto è uno sciacallo».
La ruggine tra i due risale al braccio di fer­ro del 2008 per la stesura delle li­ste elettorali. Crosetto era coordi­natore del Piemonte, Scajola l’uo­mo che aveva l’ultima parola. Gui­do per diversi giorni si batté come un ossesso per i candidati pie­montesi rintuzzando i piani con­trari di Scajola. Già di norma fu­ma cento sigarette al dì - Marlbo­ro light - ma nella tensione andò oltre. Ebbe un malore e fu ricove­rato in ospedale. Vinse però la contesa col rivale. Scajola presen­tò il conto alla formazione del go­verno. Crosetto ministro era dato per certo.Ma,pare per le mene del­l’avversario, fu retrocesso sottose­gretario di Ignazio La Russa, tito­lare della Difesa, che, peraltro, lo tenne in palmo di mano delegan­dogli
molto. «Classe ’63, separato, un figlio, una compagna. Adoro confron­tarmi con persone che hanno idee. Odio gli insulti... e sono 2 m. x 118 kg», è il ritratto che, su Twit­ter , Crosetto fa di sé. Sui chili ci marcia, perché indica solo il peso forma. In realtà, non sai mai co­m’è. A volte è un ippopotamo e nel giro di qualche mese, a furia di diete, te lo ritrovi giraffa. Da ragaz­zo questo fisico abnorme lo ha im­barazzato. Ma gli ha procurato un vantaggio: «Quando uno è gran­de e grosso come me - ha detto ­cresce senza il bisogno di difen­dersi ». Infatti, nessuno osa minac­ciarlo.
I Crosetto fabbricano macchi­ne agricole a Marene da un seco­lo. La famiglia era liberale, come tante nella terra di Luigi Einaudi. Solo Guido, per rivolta generazio­nale, aderì alla Dc. Ebbe una fase mistica: lavorò al Cottolengo, oc­cupandosi di barboni e curando­ne le piaghe. A 17 anni restò orfa­no di padre e si accollò, con i due fratelli,l’azienda. Oggi, è una hol­ding estesa alla sanità, mangimi, edilizia.

La politica è rimasta però il suo pallino. Sempre da dc, fu eletto sindaco di Marene (tremila anime) a 26 anni. Per quattordici tenne il mandato. Molto democri­stianamente, fu il primo sindaco a vietare alle donne di piacere di effonderlo nel territorio. Poi pas­sò col Cav, diventando meno bac­chettone.
Giocatore agonistico di basket, incontrò una meravigliosa palla­volista cecoslovacca e la sposò. Ne ebbe un figlio ma poi, eletto al­la Camera nel 2001, conobbe le di­st­razioni roma­ne, e si separò. Nella capitale, agli esordi da deputato e uni­co tra loro, vive­va all’Hotel de Russie, un cin­que stelle, alle pendici del Pin­cio. Roba da na­babbi. A chi glielo faceva notare, rispon­deva: «Io fumo e, poiché ho i giorni contati, voglio vivere decentemen­te ». «Ma que­sto è stralus­so! ». «Non vivo di politica ma della mia attività di industriale», replicava, aggiungendo ammic­cante: «In realtà, ho trattato uno sconto che supera il 70 per cen­to ». Oggi, abita a pigione con la compagna. Ha bisogno di chi ba­di a lui. Una volta, da solo a Corti­na con dieci sotto zero, indossò per incuria calze di cotone e prese una seggiovia. Per poco ci lascia­va gli alluci.

Con l’ex moglie è in ottimi rap­porti.

Nel fine settimana sono in­sieme col pargolo- un quindicen­ne svettante sul modello paterno - nella villa avita di Marene sotto il cui tetto vivono anche l’anziana mamma, collaterali e discenden­ti. Qui, ispirato dalle vigne langa­role, Guido rimugina il perfido tweet che uscirà domani.

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