Agli occhi dei cittadini sembrano aumenti, agli occhi delle toghe sono decurtazioni. È incredibile come cambi la prospettiva. Eppure è quello che sta succedendo sugli stipendi dei magistrati del Csm. Il 31 maggio il Comitato di presidenza predispone una proposta di delibera al plenum del Csm. Oggetto: necessità di procedere agli adeguamenti delle indennità e degli altri emolumenti previsti per i consiglieri e i magistrati della Segreteria generale e dell'Ufficio studi di Palazzo dei marescialli. Aumenti, in sostanza. Ci sono due opzioni: un incremento dell'11,35% o del 7,1%. Il comitato sceglie quello più basso, che già di per sé è una notizia. Ma pur sempre di un aumento si tratta. Tanto che vengono scritti nero su bianco tutti i cambiamenti che avverranno. Qualche esempio? L'indennità di seduta all'assemblea plenaria del Consiglio passa da 297 a 320 euro, quella del Comitato di presidenza da 184 a 200; quella della Sezione disciplinare da 366 a 400 per un massimo di due sedute quotidiane. L'indennità di funzione per l'attività di commissione passa da 4860 euro a 5.210 euro. L'indennità giornaliera per incarichi speciali, ove si tratti di missioni all'estero o incontri con delegazioni straniere, passa da 237 a 260 euro. Per i componenti della Sezione disciplinare da 366 si arriva a 400 euro a seduta mentre per i membri dei Comitato di presidenza (il vice presidente del Csm, il presidente e il pg della Cassazione) dai 184 euro di prima si giunge a 200 euro. Per tutti i componenti del Csm che svolgono compiti di carattere istituzionale il gettone mensile da 371 arriva a 400 euro. E ancora: aumenti ai magistrati della Segretaria generale e dell'Ufficio studi - a seconda della progressione di carriera - tra 4.050 e 5.880 euro rispetto alla precedente forbice da 3780 a 4.050. Tra le toghe però c'è chi fa notare che solo quelli con minore anzianità professionale e che dunque partono da stipendi più bassi finiranno per guadagnare di più. Ma questo soltanto perché la maggioranza dei magistrati eletti al Csm e dei laici nominati dal Parlamento deve sottostare al tetto ai compensi dei consiglieri stabilito dalla riforma Cartabia in 240mila euro all'anno lordi e che adesso viene reso operativo con l'adeguamento da parte del Csm del proprio regolamento di contabilità. Restano fuori dal tetto i rimborsi per le spese di alloggio, vitto e sosta per l'auto privata sostenute dai consiglieri che non hanno la residenza a Roma, ma a condizione che accettino il limite massimo di rimborso a 4mila euro a «piè di lista» e a fronte di spese documentate. «Il lavoro di consigliere viene di fatto remunerato meno, per di più a fronte di un incremento delle attività consiliari dovuto al maggior numero delle sedute di commissione», ci ha tenuto a puntualizzare il Csm. Che poi ha ricordato come «chi ha fatto il consigliere negli anni passati poteva guadagnare oltre 300mila euro annui». Insomma, prima era il tempo delle vacche grasse dove si lavorava poco e si guadagnava tanto, adesso è la volta della spending review. Una bizzarra teoria che non tiene conto dei numeri.
Numeri che certificano una lista di aumenti che andranno comunque a gonfiare le buste paga delle toghe. A meno che il prossimo 7 giugno, giorno in cui verrà discussa la proposta di delibera, al Plenum del Csm non si decida di cambiarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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