Il piano dei Carc per rendere ingovernabile il Paese

Il Partito dei Carc torna all'attacco e vuole istituire in Italia i soviet del 1914 e le politiche comuniste dell'ex Urss

Il piano dei Carc per rendere ingovernabile il Paese
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Con un nuovo documento, il Partito dei Carc si lamenta di essere al centro di una "criminalizzazione mediatica" e accusa i media di "mestare del torbido intossicando l'opinione pubblica". Un tentativo di vittimizzazione poco convincente da parte di chi, da mesi, sostiene di voler ribaltare il governo per imporne un altro di blocco popolare. Parole di stampo eversivo, nel senso letterale del termine, dai quali i Carc non intendono dissociarsi. Ma ci tengono a spiegare che per raggiungere il loro obiettivo, ossia far cadere il governo Meloni e qualunque altro esecutivo di larghe intese, come dicono loro, non intendono rendere ingovernabile il Paese semplicemente scendendo in piazza. No, perché hanno un piano molto più articolato per, scrivono, "rendere la vita impossibile a un governo delle Larghe Intese". Un piano fatto di diverse azioni, che invitano i loro seguaci a "praticarle, a combinarle e a svilupparle", da mettere in pratica oltre agli scontri di piazza.

Tra i primi punti di questo vademecum ci sono la "diffusione della disobbedienza e dell’insubordinazione alle autorità e alle istituzioni della classe dominante" e "l'appropriazione organizzata di beni e servizi (espropri, 'io non pago', ecc.) che assicura a tutta la popolazione i beni e servizi a cui la crisi blocca l’accesso". Per il Partito dei Carc dovrebbero tornare i ben noti "espropri proletari", come si chiamavano una volta, gli "scioperi e gli scioperi alla rovescia, principalmente nelle fabbriche e nelle scuole" ma anche "le occupazioni di fabbriche, di scuole, di stabili, di uffici pubblici, di banche, di piazze, ecc". Nel loro elenco puntato richiedono anche "il rifiuto organizzato di pagare imposte, ticket e mutui".

L'elenco sarebbe ancora lungo, ci sarebbero anche altri punti per raggiungere il loro tanto agognato "governo di blocco popolare" che, però, e ci tengono a sottolinearlo, "non è affatto 'il socialismo' e non è ancora lo sbocco della rivoluzione socialista". Lo definiscono "uno strumento della rivoluzione socialista, nel senso che alimenta la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato" che "porta le organizzazioni operaie e popolari ad agire e concepirsi da nuove autorità pubbliche, ad agire in Italia nel XXI secolo come agirono i soviet in Russia nel 1917".

Nel 2024 ancora si evocano i soviet del secolo scorso, e si recrimina che "il movimento comunista del nostro Paese non ha ancora rotto con la tradizione elettoralista e rivendicativa che aveva già caratterizzato la sinistra del vecchio movimento comunista".

Ma d'altronde, nel loro programma, i Carc tra le altre cose invocano la necessità di "distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi" e di "assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società". Tutto ciò contro il quale i popoli dell'ex Urss si sono ribellati e che oggi rifuggono.

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