È un mancato candidato del centrosinistra ad aprire a Silvio Berlusconi le porte di Strasburgo. La Corte europea dei diritti dell'uomo giudica ammissibile il ricorso contro l'applicazione retroattiva della legge Severino, presentato da Marcello Miniscalco dopo la sua esclusione dalle liste elettorali regionali in Molise, a febbraio scorso.
Si è mosso con quattro mesi d'anticipo sull'ex premier l'esponente socialista, ma il suo caso è del tutto analogo come identiche sono le motivazioni del ricorso a Strasburgo. Ecco perché il risultato della sua battaglia potrebbe rappresentare il precedente che conta nella vicenda che ha portato all'estromissione dal Parlamento del leader del centrodestra, dopo la condanna definitiva nel processo Mediaset.
Quantomeno, dà ragione al nutrito fronte che sosteneva in autunno la necessità di aspettare il risultato dei ricorsi europei (a Strasburgo, appunto) e nazionali (alla Corte Costituzionale) prima di arrivare al voto definitivo in Aula sulla decadenza di Berlusconi. Un fronte che, oltre a politici e giuristi del centrodestra, contava esponenti di rilievo dell'area di sinistra come l'ex presidente della Camera Luciano Violante e il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida.
Quello di Miniscalco è il primo caso in cui è stata applicata la legge Severino sulle «liste pulite». Potrebbe portare ad una dichiarazione di incostituzionalità delle norme su incandidabilità e decadenza, a causa della violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. E allora anche Berlusconi potrebbe contestare con ben altra forza la sua esclusione dal Senato e si aprirebbero scenari imprevedibili.
Il mancato candidato molisano ha impugnato la decisione della giunta elettorale prima di fronte al Tar e poi al Consiglio di Stato, per arrivare alla Consulta. I giudici amministrativi considerarono infondata l'istanza e lui si appellò a Strasburgo.
«Ci hanno appena comunicato- dice a Il Giornale il legale di Miniscalco, il professor Francesco Saverio Marini - che il nostro ricorso è stato dichiarato ricevibile, cioè non sussiste la manifesta infondatezza. È stato iscritto a ruolo e questo vuol dire che il primo scoglio è stato superato. A questo punto la Corte deve entrare nel merito della nostra richiesta di condannare lo Stato italiano perché ha applicato retroattivamente una norma afflittiva. I tempi non sono prevedibili, perché tutto dipende da come la Corte decide di portare avanti il caso, se convocherà le parti per un'audizione o no, eccetera. Ma di solito ci vuole almeno un anno».
Il costituzionalista spiega che la Convenzione europea non fa distinzione tra norme penali e amministrative, fissa solo il principio di irretroattività per ogni norma che commini una sanzione per un illecito. La nostra Costituzione, invece, all'articolo 25 restringe il campo alle norme penali. Ma se il ricorso venisse alla fine accolto l'Italia sarebbe condannata per violazione degli obblighi internazionali e ne discenderebbe l'incostituzionalità della legge Severino, in base all'articolo 117 della Carta.
«Anche la Corte Europea - commenta la parlamentare di Forza Italia Daniela Santanchè - ritiene legittimo sostenere che la legge Severino non può essere applicata in modo retroattivo.
di Anna Maria Greco
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