A destra scoppia la guerra sul ritorno al simbolo di An

All'assemblea della fondazione di Alleanza Nazionale passa la mozione sul logo: La Russa e Meloni lo useranno alle elezioni Europee. Storace e gli altri non ci stanno: "Uno scippo"

Giorgia Meloni e Ignazio La Russa a Montecitorio
Giorgia Meloni e Ignazio La Russa a Montecitorio

Una Alleanza di Fratelli d'Italia. La ricomposizione della diaspora è ancora un miraggio lontano. Ma l'assemblea dei soci della Fondazione An produce comunque un risultato concreto con il partito di Giorgia Meloni che ottiene la disponibilità del simbolo di An in vista delle prossime elezioni Europee. Il voto finale vede prevalere la mozione Meloni-La Russa-Alemanno con 290 sì (su 690 iscritti e 460 presenti). Per Fdi il risultato politico è evidente: una sorta di certificazione del proprio diritto ereditario su An e il «prestito» del simbolo per il voto di maggio.

Lo scongelamento dello storico logo avviene, però, tra mille scintille. La mattinata scorre tra discussioni sulla legittimità dell'assemblea, verifiche del numero legale e qualche parapiglia in cui si sfiora lo scontro fisico. Nel pomeriggio si procede alla votazione e la mozione Meloni diventa l'unica a essere sottoposta al giudizio dell'assemblea perché le altre due - presentate da Gasparri-Matteoli e da Menia-Poli Bortone - vengono ritirate. Il testo approvato stabilisce che il simbolo di An può essere utilizzato da Fratelli d'Italia in toto o in parte nel 2014 per inserirlo all'interno del proprio simbolo. La mozione dà tempo fino al 23 dicembre alla Fondazione An di certificare la lista dei soggetti singoli o associati che si riconoscono nelle tesi di Fiuggi del 1995 o hanno una storia di significativa presenza in Alleanza nazionale: quelli che potranno partecipare concretamente alla fase costituente. A questo proposito la mozione annuncia la formazione di una «segreteria generale del Congresso», (che si dovrebbe tenere a gennaio probabilmente il 26 e il 27), a cui potranno partecipare «a pieno titolo tutti i soggetti suggeriti dall'Ufficio di presidenza della Fondazione».

In sostanza si tratta di un segnale lanciato agli esclusi, una porta lasciata aperta ai titolari delle altre due mozioni con l'obiettivo di realizzare una nuova destra quanto più possibile allargata. Per quanto riguarda il patrimonio di An - che consiste in circa 55 milioni e una settantina di immobili - la mozione dichiara che Fratelli d'Italia «nulla pretende del patrimonio che deve continuare a essere gestito dalla Fondazione secondo i dettami del suo statuto». I vincitori, inoltre, promettono che si terranno primarie sia per il simbolo (sono diverse le opzioni allo studio, con l'affiancamento del logo di Fratelli d'Italia a quello di An o anche con una soluzione «matrioska», con il simbolo di An all'interno dell'altro) sia per la scelta del leader. «Adesso ci sono davvero le condizioni per dare voce a tutti quegli italiani in cerca di una casa politica» dice Giovanni Donzelli, consigliere regionale toscano che ha avuto un ruolo importante nella definizione dell'accordo Rampelli-Meloni-Alemanno, visto che soprattutto l'ex ministro della Gioventù appariva molto perplessa di fronte a una operazione di rifondazione.

Il problema a questo punto sarà quello di convincere gli esclusi. Maurizio Gasparri e Altero Matteoli si tirano fuori e denunciano la violazione delle regole statutarie. Francesco Storace, a sua volta, non nasconde l'amarezza. «La Russa è troppo vecchio per giocare a rubabandiera. Una vittoria con meno di un terzo degli aventi diritto è una vittoria di Pirro. Non è certo con la boria di chi vuole forzare la mano che si dà una prospettiva alla destra italiana. 290 voti sono un po' pochini per scippare un simbolo. E non servono nemmeno per andare in Europa. Bisognerà vedere poi cosa ne sarà della fiamma».

Insomma nonostante il lavorio diplomatico di alcuni «ambasciatori» non sarà facile creare le condizioni per una convergenza tra il fronte Meloni-Alemanno e il Movimento per An (Storace, Adriana Poli Bortone, Antonio Buonfiglio, Roberto Menia, Salvatore Tatarella e Domenico Nania). Il rischio di ritrovarsi a maggio con due sigle concorrenti è più che concreto. Una sfida fratricida che renderebbe difficile per tutti il superamento della soglia del 4%.

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