Dietrofront della Procura: non sono coinvolti politici né funzionari pubblici

Dietrofront della Procura: non sono coinvolti politici né funzionari pubblici

MilanoIndietro tutta. Ma quali tangenti alla Lega. Macché mazzette ai politici. Il giorno dopo, è il giorno della toppa. Al quarto piano del palazzo di giustizia milanese, va in scena una conferenza stampa dall'insolito sapore iper-garantista. L'ufficio è quello del procuratore aggiunto Francesco Greco. È a lui che tocca l'ingrato compito di stemperare le feroci polemiche sollevate dal blitz della Guardia di finanza, spedita dai magistrati nelle sedi del Carroccio a Milano e Torino. Primo, «l'inchiesta è per bancarotta». Secondo, «non esistono indagati per corruzione». Terzo, «non sono indagati uomini di partito o funzionari pubblici». In fondo, è esattamente quello che è stato riportato dagli organi di stampa, ma la Procura decide che è meglio spiegarlo ufficialmente.
E allora perché quella visita in via Bellerio? Come scritto ieri, il decreto di acquisizione documenti firmato dal pm Maurizio Ascione era indirizzato a Daniela Cantamessa, segretaria personale del senatùr Umberto Bossi, e a Loredana Zola, responsabile amministrativa della sede torinese della Lega. Nell'atto, il pm chiedeva di mettere a disposizione «i dati informatici contenuti nel computer» in uso alle due donne, «nelle abitazioni private e negli uffici». Dunque, anche negli uffici del Carroccio. «Le perquisizioni - precisa ancora Greco - non erano a carico della Lega ma presso terzi». E l'immunità parlamentare che sarebbe stata sollevata, e ammessa anche dal segretario amministrativo della Lega Nord in Piemonte Stefano Allasia? «Noi non andiamo a violare le prerogative altrui», e comunque sono stati «forniti gli atti richiesti. La collaborazione è stata ampia e le cose che si potevano trovare sono state trovate». Di più, «le smentite di Maroni sono state corrette».
La bomba mediatica, insomma, viene ridotta a piccolo petardo. Solo una verifica su due segretarie - Cantamessa e Zola - che in relazione a una loro attività autonoma e per presunti rapporti di amicizia con alcuni protagonisti della vecchia inchiesta sulla maxi-truffa delle quote latte, è arrivata a bussare agli uffici padani. Attualmente, dunque, è questo il fulcro dell'indagine. È la selva di aziende e cooperative del latte che avrebbero aggirato il sistema delle quote facendo sparire milioni su milioni, dirottati anche verso l'estero attraverso operazioni finanziarie ritenute sospette. E perché andare fino in via Bellerio? «Per ricostruire il giro delle società, volano di altre società, che si occupano delle quote latte».
Tutto finito? E i politici? E i funzionari pubblici a cui si sarebbero rivolti i Cobas del latte nel tentativo di ammorbidire la legislazione e ritardare il pagamento delle multe all'Unione Europea? Fantasie. Nessun indagato. Per dirla ancora un volta con Greco - che si lascia andare a una battuta - «superfetazioni di cazzate». Tradotto, qualche suggestione di troppo. Anche se poi, in effetti, un fascicolo aperto per corruzione c'è. È a «modello 44», cioè notizie di reato contro ignoti. È solo una pista, però è chiaro che verrà battuta. Stando così le cose, le cronache riportate dalla maggior parte dei mezzi di informazione sono state corrette, tanto che l'incontro tra il procuratore aggiunto Greco e i giornalisti sembra servire più che altro a stemperare le polemiche scoppiate dopo il blitz della Gdf.

Resta un dubbio. Perché queste perquisizioni proprio nel pieno della campagna elettorale? Erano urgenti? Non potevano essere fatte prima, o ancora meglio dopo le elezioni? Greco non ha più voglia di battute. «A questo non rispondo».

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