Proprio fine non è, ma per questo è di impatto, la lettera che Mina ha postato sul blog di Beppe Grillo, a metà fra l’atto di fede e l’endorsement per il Movimento a 5 Stelle. Lei del resto, la Tigre di Cremona che vive a Lugano da quando la metà della popolazione italiana non era neppure nata, dal suo appartamento su due piani e da svariati milioni, ha certo un buon punto di osservazione sull’Italietta «del bunga e dell’antibunga».
Così ecco l’impietosa fotografia dei politici che, «in congedo temporaneo» grazie ai tecnici, altro che rifarsi il look, riempiono le cliniche per rifarsi la verginità. «Si chiama imenoplastica» spiega Mina, serve a «rendersi belli e appetibili come tanti anni fa, come tante repubbliche fa, come tante degradazioni fa». Ecco, lorsignori facessero come Mina, che è uscita dalle scene nel 1978 e non si fa fotografare se non con le pinne, il fucile e gli occhiali, nascosta tra il foulard, gli occhialoni e la sciarpa. «Una divinità che si nega alla vista e delizia l’udito» la definì Marcello Veneziani su questo giornale due anni fa, nel marzo dei di lei 70 anni. Ora, Mina delizia anche l’elettorato che odia i partiti, e come se bastasse chiamarsi Mazzini Anna per sfoggiare patriottismo, ed essersi soprannominata Mina per dire qualcosa di esplosivo, dipinge quest’Italia di politici in cerca di «un ballo di debuttanti di secondo pelo», di giornalisti nostalgici del «burlesque», e su tutti a svettare lui, Beppe il Salvatore, «incontrollabile, sottovalutato, diverso, minaccioso» e «spauracchio» per tutti questi «genitali riparati».
Commenta sul blog una certa Donatella che la lunga dissertazione «non pare scritta da Mina, è nello stile dei post di Beppe». E così vengono in mente tutte le rubriche che dalla Stampa a Vanity ti veniva voglia di urlarle, con acuto da soprano degno di lei, ma parla come canti, tanto per non chiederle perché non si limitasse a cantare. Ma qui, sul blog dell’anti sistema, Mina più che Beppe pare Celentano, mancano le pause ma il tono è lo stesso. Predicatrice e Cassandra, a ben guardare, ché se provi a ricantarla pensando a Berlusconi o a Bersani resti stupito: «Odio tutto di te, oramai è così, e te lo griderò e tu saprai perché non c’è niente fin qui che salverei di te». Tutto torna e chi meglio di Grillo per gridarglielo quell’odio, ché ci avevamo creduto, «tu sei grande grande grande, come te sei grande solamente tu», e invece erano solo parole, e adesso «nessuno al mondo mai ti odierà più di me».
Sul blog c’è pure Claudia che in beata solitudine le domanda perché mai s’impiccia dei casi nostri, se poi su un bus italiano non ci mette il sacro piede da trent’anni e se le tasse le paga in Svizzera. Lei che ha la doppia cittadinanza ma vive in Svizzera. Lei che, stanca delle pressioni dei discografici, nel 1967 s’è creata la sua, di casa discografica, e l’ha chiamata Platten Durcharbeitung Ultraphone, perché l’ha fatta sulla riva del Ticino, mica su quella del Po. E lei che, quando Valentino Rossi finì sulle prime pagine dei giornali per quella piccola frode al fisco da 120 milioni di euro, scrisse e riscrisse che no, dannati giornalisti che lo «infamate», «non ci credo, non è possibile», «finirà in una bolla di sapone», e «comunque sempre forza Vale» anche se poi lui chiese scusa in tv, e patteggiando 35 milioni. Appunti ineleganti, peggio, qualunquisti, ché questa è arte, signore e signori del pubblico votante. Come l’altra «lettera d’amore» che Mina scrisse a Beppe, era il 2005: «Resisti! In alto! Alzala la tua fiaccola, il tuo faro. La tua torcia deve avere ragione della nebbia che attraversa. E se avanzando la sua luce sbruciacchierà delle barbe o dei capelli o dei toupé, saprai che la tua strada è quella giusta», diceva, terminando con un appello: «Continua a contagiarci tutti. Sei l’untore più efficace, l’unico», firmandosi: «La tua adorante suddita Mina».
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