La lentezza incivile della giustizia

Golpe giudiziario in Piemonte: dopo quattro anni annullate le elezioni che hanno portato Cota e la Lega alla vittoria

La lentezza incivile della giustizia

«Giustizia è fatta», esulta Mercedes Bresso il cui esposto al Tar diede l'avvio al pasticciaccio brutto che investe la Regione Piemonte. Sarà anche così, vedremo (pende ancora un ricorso al Consiglio di Stato), ma che razza di giustizia è quella dispensata dal Tribunale regionale amministrativo? Il verdetto che «annulla l'atto di proclamazione degli eletti (...) ai fini della rinnovazione della competizione elettorale» giunge quattro anni dopo l'elezione dell'attuale Consiglio regionale. Anni durante i quali Consiglio, giunta e presidente hanno governato il Piemonte, atteso le proprie prerogative legislative, esecutive e amministrative, approvato centinaia di delibere, preso centinaia di disposizioni, predisposto centinaia di leggi e di disegni di legge. Speso, bene o male che sia, miliardi, distribuito stipendi e compensi, effettuato nomine. Tutta un'attività ora dichiarata illegittima essendo il parlamento regionale e il governatore espressione di un risultato elettorale falsato dalla irregolarità: un certo numero di firme artefatte nella presentazione di una lista minore, Pensionati per Cota. E ora cosa si fa? Logica vorrebbe che si dichiarasse nulla e dunque retroattivamente inefficace l'intera attività del governo regionale. Arbitrarie le spese - per lo più dirette a sostenere l'«eccellenza sanitaria» piemontese - con relativo recupero dei soldi erogati, compresi quelli destinati ai quadriennali compensi dei sessanta consiglieri e del governatore.
Difficile dirlo civile, democratico e soprattutto «europeo» un Paese che si riduce a tanto perché non conosce urgenze che non siano quelle per le piste ciclabili o il chilometro zero. Visto che semmai nell'anno di grazia 2010 qualcosa urgeva, era di far in tutta fretta luce sul pasticciaccio piemontese. Un Paese civile con una magistratura civile non avrebbe tenuto per quattro anni il Piemonte istituzionalmente sospeso a un esposto. Lasciando che governasse nella consapevolezza che forse non ne era legittimato. Riscontrare la falsità di un pugno di firme, decretare di conseguenza - ovvia, scontata conseguenza - l'irregolarità di una lista e concluderne - ovvia, scontata conclusione - la nullità del risultato elettorale e dunque della proclamazione degli eletti è faccenda che non può prendere, tenendosi larghi, più d'una settimana. E questo anche mettendo nel conto i bizantinismi liturgici e formali della giustizia italiana. Dell'esposto Bresso tutti sapevano. E tutti, dai «guardiani» della Costituzione in giù, fino alle sentinelle della vigilanza democratica, sono stati testimoni della flemma con la quale il Tar prendeva in esame, ponzandoci su, quell'esposto. Eppure nessuna autorevole voce, nemmeno quella ritenuta la più autorevole e che per giunta appartiene al presidente del Consiglio superiore della magistratura, si è udita per metter fretta alla giustizia amministrativa. Può farlo ora, per restituire una parvenza di dignità non tanto ai rappresentanti della legge, ma proprio al Paese.

Può farlo assumendosi la responsabilità di dichiarare - forse non a norma di legge, ma del buon senso comune sì - che per una questione come questa che coinvolge le funzioni di un organo istituzionale è stata e di molto superata la decorrenza dei termini. Il caso è archiviato.

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